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ilmachiavelli testo integrale, brano completo, citazione delle fonti, commedie opere storiche opere letterarie in prosa e in versi, operaomnia #
Se le cose pericolose a passare sono dilettevoli a ricordarsene, la memoria de' prossimi tempi vi doverrà esser grata, sendo suti quelli pericolosissimi. Onde, avendoli Niccolò Machiavegli in versi e con mirabile brevità
descritti, come quello che è desideroso in qualche parte mostrarsi grato de' molti onori quali confessa avere ricevuti da
voi, mi è parso imprimerli a fare questo suo dono più liberale. Né voi vi sdegnerete leggere, in tale stilo e con tanta
brevità, cose sì grave e di tanto momento: perché lui non per altra cagione le ha ridotte in versi, e sì brevi, se non
perché voi possiate in poco di ora discorrere cantando tutti quelli pericoli che in dieci anni piangendo avete corsi. Sarà
ancora questo suo compendio non per pagamento, ma per arra di quello debbe. Il che più largamente e con maggior sudore
tutta via si batte nelle sua fabbrica; e benché lui assegni questo a voi e quello a' posteri, e quali in tal brevità si
confunderebbono, non di meno li sarà grato che l'uno e l'altro vi piaccia, perché spera, quanto sapore prenderanno da voi,
tanto da poi se ne rappresenti al gusto de' nipoti vostri. E se vedrà questo approvarsi,più presto e con maggior fiducia
quello uscirà fuora; quanto che no, si starà più tempo vergognoso in casa.
Valete
NICOLAI MALCLAVELLI FLORENTINI
COMPENDIUM RERUM DECEMNIO IN ITALIA
GESTARUM AD VIROS FLORENTINOS
INCIPIT FELICITER
Io canterò l'italice fatiche
seguìte già ne' duo passati lustri
sotto le stelle al suo bene inimiche.
Quanti alpestri sentier, quanti palustri
narrerò io, di sangue e morti pieni
pel variar de' regni e stati illustri!
O Musa, questa mia cetra sostieni,
e tu, Apollo, per darmi soccorso
dalle tue suore accompagnato vieni.
Aveva il sol veloce sopra 'l dorso
di questo mondo ben termini mille
e quattrocen novantaquattro corso,
dal tempo che Iesù le nostre ville
visitò prima e, col sangue che perse,
estinse le diaboliche faville,
quando in sé discordante Italia aperse
la via a' galli, e quando esser calpesta
da le genti barbariche sofferse.
E perché a sequitarle non fu presta
vostra città, chi ne tenea la briglia
assaggiò e colpi della lor tempesta.
Così tutta Toscana si scompiglia;
così perdesti Pisa e quelli stati
che dette lor la Medica famiglia.
Né possesti gioir, sendo cavati,
come dovevi, di sotto a quel basto
che sessant'anni vi avea gravati,
perché vedesti il vostro stato guasto,
vedesti la cittate in gran periglio,
e de' franzesi la superbia e 'l fasto;
né mestier fu, per uscir dello artiglio
di un tanto re e non esser vassalli,
di mostrar poco core o men consiglio.
Lo strepito dell'arme e de' cavalli
non possé far che non fussi sentita
la voce di un Cappon fra cento galli;
tanto che il re superbo fe' partita,
poscia che la cittate essere intese
per mantener sua libertate unita.
E come e' fu passato nel Sanese,
non prezzando Alessandro la vergogna
si volse tutto contro al Ragonese;
ma il gallo, che passar securo agogna,
condusse seco del papa il figliuolo
non credendo alla fé di Catalogna.
Così col suo vittorioso stuolo
passò nel Regno, qual falcon che cale
o uccel che abbia più veloce volo.
Poi che d'una vittoria tanta e tale
si fu la fama nelli orecchi offerta
a quel primo motor del vostro male,
conobbe ben la sua stultizia certa;
e dubitando cader ne la fossa
qual con tanto sudor s'avea aperta
né li bastando sua natural possa,
fece quel duca, per salvare el tutto,
col papa, Imperio e Marco testa grossa.
Non fu per questo però salvo al tutto,
perché Orliens in Novara salito
li diè de' semi suoi il primo frutto.
Il che poi che da Carlo fu sentito,
del duca assai e del papa si dolse
e del suo figlio che si era fuggito,
né quasi in Puglia più dimorar volse;
lasciato a guardia assai gente nel regno,
verso Toscana col resto si volse.
In questo mezzo voi, ripien di sdegno,
nel paese pisan gente mandasti
contro a quel popol di tanto odio pregno.
E dopo qualche disparer trovasti
nuovi ordini al governo, e furon tanti
che il vostro stato popular fondasti.
Ma, sendo de' franzesi tutti quanti
lassi per li lor modi disonesti
e pe' lor carchi che vi avieno infranti,
come di Carlo il ritorno intendesti,
desiderosi fuggir tanta piena,
la città d'arme e gente provvedesti.
E però, giunto con sue genti a Siena,
sendo cacciato da più caso urgente,
n'andò per quella via ch'a Pisa il mena:
dove già di Gonzaga il furor sente,
e come ad rincontrarlo sopra al Taro
avea condotto la marchesca gente.
Ma quei robusti e furiosi urtaro
con tal virtù l'italico drappello
che sopra al ventre suo oltre passaro;
di sangue il fiume pareva, a vedello,
ripien d'uomini e d'arme e di cavagli
caduti sotto al gallico coltello.
Così l'italian lasciarno andagli
e lor senza temer gente avversata
giunson in Asti e sanz'altri travagli;
quivi la tregua si concluse a gara,
non estimando di Orliens el grido
né pensando alla fame di Novara.
E ritornando e Franzesi al loro lido
avendo voi a nuovi accordi tratti,
saltò Ferrando nel suo dolce nido;
donde con venizian seguirno a patti
per aiutarsi, e più che mezza Puglia
concesse lor e signor ne li ha fatti.
Qui la Lega di nuovo s'incavuglia
per obsister al gallo, e voi sol soli
rimanesti in Italia per aguglia,
e per esser di Francia buon figliuoli
non vi curasti, e seguitar suo stella,
sostener mille affanni e mille duoli.
E mentre che nel Regno si martella
fra Marco e Francia con evento incerto,
finché franzesi affamorno in Atella,
voi vi posavi qui col becco aperto
per attender di Francia un che venisse
a portarvi la manna nel deserto
e che le rocche vi restituisse
di Pisa, Pietrasanta e l'altra villa,
sì come il re più volte vi promisse.
Venne alfin Lancia-in-pugno e quel di Lilla,
Vitelli e altri assai che v'ingannorno
con qualche cosa che non è ben dilla;
sol Beumonte vi rendé Livorno,
ma gli altri, traditori al ciel rebelli,
di tutte l'altre terre vi privorno.
et al vostro Leon trasser de' velli
la Lupa con San Giorgio e la Pantera,
tanto par che Fortuna vi martelli.
Da poi che Italia la francesca stiera
scacciò da sé e, senza tempo molto,
con fortuna e saper libera si era,
volse verso di voi il petto e il volto
insieme tutta, e dicea la cagione
esser sol per avervi a Francia tolto.
Voi, favoriti sol dalla ragione,
contro l'ingegno e forza lor un pezzo
tenesti ritto il vostro gonfalone,
perché sapevi ben che per disprezzo
era grata a' vicin vostra bassezza,
e gli altri vi volevon sanza prezzo.
Chiunque temea la vostra grandezza
vi venia contro e quegli altri eron sordi,
che ogni uom esser signor di Pisa apprezza.
Ma, come volse il ciel, fra questi ingordi
surse l'Ambizione, e Marco e 'l Moro
a quel guadagno non furon concordi;
Questa venir al vostro tenitoro
fece l'Imperio, e partir sanza effetto
la diffidenza che nacque fra loro.
Tanto che alfin la Biscia, per dispetto,
vi confortò a non aver paura
di stare a Marco et a sue forze a petto;
e quel condusse in su le vostre mura
el vostro gran rebelle, onde ne nacque
de' cinque cittadin la sepultura.
Ma quel che a molti molto più non piacque
e vi fe' disunir, fu quella scuola
sotto il cui segno vostra città giacque:
io dico di quel gran Savonerola
el qual, afflato da virtù divina,
vi tenne involti con la sua parola.
Ma perché molti temean la ruina
veder de la lor patria, a poco a poco
sotto la sua profetica dottrina,
non si trovava a riunirvi loco
se non cresceva o se non era spento
el suo lume divin con maggior foco.
Né fu in quel tempo di minor momento
la morte del re Carlo, la qual fe'
del regno 'l duca d'Orliens contento.
E perché il papa non possea per se
medesmo far alcuna cosa magna,
si rivolse a favor del nuovo re;
fece il divorzio e diegli la Bretagna,
et a l'incontro il re la signoria
li promisse e li stati di Romagna.
Et avendo Alessandro carestia
di chi tenessi la sua insegna eretta,
per la morte e la rotta di Candia,
si volse al figlio che seguia la setta
de' gran chercuti, e da quei lo rimosse
cambiandoli el cappello alla berretta.
In tanto il venizian con quelle posse
della gente che in Pisa avea ridotta
verso di voi la sua bandiera mosse;
tal che, successa del conte la rotta
a Santo Regol, voi costretti fusti
dar la mazza al Vitello e la condotta.
E parendovi fier, forti e robusti
per virtù di queste armi esser venuti,
movesti 'l campo contro a quelli ingiusti,
né vi mancando li sforzeschi aiuti
volevi con la insegna vitellesca
sopra 'l muro di Pisa esser veduti.
Ma perché quel disegno non riesca
Marradi prima e di poi 'l Casentino
feriti fur dalla gente marchesca;
voi voltasti 'l Vitello a quel cammino
in modo tal che rimase disfatto
sotto le 'nsegne sue l'Orso et Urbino;
et ancor peggio si sarie lor fatto
se fra voi disparer non fussi suto
per la discordia fra 'l Vitello e 'l Gatto.
Da poi che Marco fu così battuto
fece lo accordo con Luigi in Francia,
per vendicar el colpo ricevuto.
E perché 'l Turco arrestava la lancia
contro di lor, tanto timor li vinse
di non far cigolar la lor bilancia
che a far con voi la pace li sospinse
et uscirsi di Pisa el tutto sparsi;
e 'l Moro a consentirla voi costrinse,
per veder se possea riguadagnarsi
con questo benifizio el veniziano,
gli altri remedi iudicando scarsi.
Ma questo suo disegno ancor fu vano,
perché gli avien la Lombardia divisa
secretamente col gran re cristiano;
così restò l'astuzia sua derisa,
e voi sanza temer di cosa alcuna
ponesti 'l campo vostro intorno a Pisa,
dove posasti 'l corso d'una luna
senz'alcun frutto, che a' principi forti
s'oppose crudelmente la Fortuna.
Lungo sarebbe narrar tutti e torti,
tutti l'inganni corsi in quello assedio
e tutti e cittadin per febbre morti;
e non veggendo a l'acquisto remedio
levasti 'l campo, per fuggir l'affanno
di quella impresa e del Vitello il tedio.
Poco di poi del ricevuto inganno
vi vendicasti assai, dando la morte
a quel che fu cagion di tanto danno.
El Moro ancor non corse miglior sorte
in questo tempo, perché la corona
di Francia li era già sopra le porte;
onde fuggì per salvar la persona
e Marco senza alcun ostacol messe
le 'nsegne in Ghiara d'Adda et in Cremona.
E per servare il gallo le promesse
al papa, fu bisogno consentirgli
che 'l Valentin de le sue genti avesse;
el qual sotto la 'nsegna de' tre gigli
d'Imola e di Furlì si fe' signore
e cavonne una donna co' suo' figli.
E voi vi ritrovavi in gran timore
per esser suti un po' troppo infingardi
a sequitar il gallo vincitore;
pur, dopo la vittoria co' Lombardi,
contento fu di accettarvi, non sanza
fatica e costo pe 'l vostro esser tardi.
Né fu appena ritornato in Franza
che Milan richiamava Lodovico
per mantener la popular usanza;
ma il gallo, più veloce ch'io non dico,
in men tempo che voi non diresti 'ecco',
si fece forte contro al suo nimico.
Volsono i galli di Romagna il becco
verso Milan per soccorrere e suoi
lasciando 'l papa e 'l Valentino in secco.
E perché il gallo ne portassi poi,
come portò, la palma con l'ulivo
non mancasti anche a darli aiuto voi.
Onde che 'l Moro d'ogni aiuto privo
venne a Mortara coi galli alle mani,
e ginne in Francia misero e cattivo;
ascanio suo fratel, di bocca a' cani
sendo scampato, per maggiore oltraggio
la lealtà provò de' veniziani.
Volsono i galli dipoi far passaggio
ne' terren vostri, sol per isforzare
e ridurre e pisani a darvi omaggio;
così vennono avanti e, nel passare
che fece con sue genti, Beumonte
trasse alla Sega più di un mascellare.
E come furno coi Pisani a fronte,
pien di confusion, di timor cinti,
non dimostrorno già lor forze pronte,
ma dipartirsi quasi rotti e tinti
di gran vergogna: e conobbesi il vero,
come i franzesi possono esser vinti.
Né fu caso a passarlo di leggero,
perché, se fece voi vili et abietti,
fu di quel regno il primo vitupero;
né voi di colpa rimanesti netti,
però che 'l gallo ricoprir volea
la sua vergogna co' vostri defetti.
Neanche 'l vostro stato ben possea
deliberarsi: e, mentre che in fra dua
del re non ben contento si vivea,
il duca Valentin le vele sua
ridette a' venti e verso 'l mar di sopra
della sua nave rivoltò la prua,
e con sue genti fe' mirabil opra
espugnando Faenza in tempo curto
e mandando Romagna sottosopra.
Sendo da poi sopra Bologna surto,
con gran fatica la Sega sostenne
la violenza di sue gente e l'urto.
Partito quindi, in Toscana ne venne,
sé rivestendo delle vostre spoglie
mentre che 'l campo sopra 'l vostro tenne;
onde che voi, per fuggir tante doglie
come color che altro far non ponno
cedesti in qualche parte alle sue voglie;
e così le sue genti oltre passonno,
ma nel passar piacque a chi Siena regge
rinnovellar Piombin di nuovo donno.
Appresso a queste venne nuova gregge
che sopra 'l vostro stato pose 'l piede,
non moderata da freno o da legge:
mandava questi el re contra l'erede
di Ferrandin, e perché si fuggissi
la metà di quel Regno a Spagna diede;
tanto che Federigo dipartissi,
vista de' suoi la capuana pruova,
e nelle man di Francia a metter gissi.
E perché 'n questo tempo si ritruova
Roano in Lombardia, voi praticavi
far col re per suo mezzo lega nuova.
Eri sanz'arme e 'n gran timore stavi
pel corno che al Vitello era rimaso
e dell'Orso e del papa dubitavi;
e parendovi pur vivere a caso
e dubitando non esser difesi
se vi avveniva qualche avverso caso,
dopo 'l voltar di molti giorni e mesi,
non senza grande spendio fusti ancora
in sua protezion da Francia presi;
sotto 'l cui segno vi pensasti allora
posser tor a' pisan le biade in erba
e le vostre bandiere mandar fuora.
Ma Vitellozzo e sua gente superba,
sendo contra di voi di sdegno pieno
per la ferita del fratello acerba,
al Cavallo sfrenato ruppe 'l freno
per tradimento, e Val di Chiana tutta
vi tolse e l'altre terre in un baleno.
La guerra che Firenze avea destrutta
e la confusion de' cittadini
vi fe' questa ferita tanto brutta;
e da cotante iniurie de' vicini
per liberarvi, e da sì crudo assalto,
chiamasti e' galli ne' vostri confini.
E perché el Valentin avea fatto alto
con sue genti a Nocera, e quindi preso
el ducato di Urbin sol con un salto,
stavi col cuor e con l'almo sospeso
che col Vitello e' non si raccozzassi
e con quel fussi a' vostri danni sceso,
quando a l'un comando che si fermassi,
pe' vostri prieghi, el re di San Dionigi,
a l'altro furno e suoi disegni cassi:
trasse 'l Vitel d'Arezzo e suo' vestigi
e 'l duca in Asti si fu presentato
per iustificar sé col re Luigi.
Né sarie tanto aiuto a tempo stato
se non fussi la 'ndustria di colui
che allora governava 'l vostro stato;
forse che venavate 'n forza altrui,
perché quattro mortal ferite avevi
che tre ne fur sanate da costui:
Pistoia in parte ribellar vedevi,
e di confusion Firenze pregna,
e Pisa e Valdichiana non tenevi.
Costui la scala alla supprema insegna
pose, su per la qual condotta fusse
se anima ci era di salirvi degna;
costui Pistoia in gran pace ridusse;
costui Arezzo e tutta Val di Chiana
sotto l'antico giogo ricondusse;
la quarta piaga non possé far sana
di questo corpo, perché nel guarillo
s'oppose il cielo a sì felice mana.
Venuto adunque il giorno sì tranquillo,
nel qual el popul vostro, fatto audace,
el portator creò del suo vessillo,
ne fur d'un Cerbio duo corna capace,
acciò che sopra la lor soda petra
potessi edificar la vostra pace;
e se alcun da tal ordine si arretra,
per alcuna cagion, esser potrebbe
di questo mondo non buon geometra.
Poscia che 'l Valentin purgato s'ebbe
e ritornato in Romagna, la 'mpresa
contro a messer Giovanni far vorrebbe;
ma come fu questa novella intesa
par che l'Orso e 'l Vitel non si contenti
di voler esser seco a tale offesa.
E, rivolti fra lor, questi serpenti
di velen pien cominciaro a ghermirsi
e con gli ugnoni a stracciarsi e co' denti;
e mal possendo il Valentin fuggirsi
gli bisognò, per ischifare el rischio,
con lo scudo di Francia ricoprirsi;
e per pigliare e suoi nemici al vischio
fischiò soavemente, e per ridurli
ne la sua tana, questo bavalischio.
Né molto tempo perse nel condurli,
che 'l traditor di Fermo e Vitellozzo
e quelli Orsin, che tanto amici furli,
nelle sue insidie presto dier di cozzo,
dove l'Orso lasciò più d'una zampa
e al Vitel fu l'altro corno mozzo.
Sentì Perugia e Siena ancor la vampa
de l'idra e ciaschedun di quei tiranni
fuggendo innanzi a la sua furia scampa;
né il cardinal Orsin possé li affanni
della sua casa misera fuggire,
ma restò morto sotto mille inganni.
In questi tempi i galli, pien d'ardire,
contro l'ispani voltorno le punte,
volendo il Regno a lor modo partire.
E le gente nemiche avien consunte
e del reame occupato ogni cosa,
non essendo altre forze sopraggiunte:
ma divenuta forte e poderosa
la parte ispana fe' del sangue avverso
la Puglia e la Calavria sanguinosa.
Onde che 'l gallo si rivoltò verso
Italia irato, come quel che brama
di riaver lo stato e l'onor perso;
el sir della Tremoglia, uomo di gran fama,
per vindicarlo, in queste parti corse
a soccorrer Gaieta che lo chiama.
Né molto innanzi le sue genti porse,
perché Valenza e il suo padre mascagno
di sequitarlo li metteno in forse;
cercavon questi di nuovo compagno
che dessi lor degli altri stati in preda,
non veggendo col gallo più guadagno.
Voi per non esser del Valentin preda,
come eravate stati ciascun dì,
e che non fussi di Marzocco ereda,
condutto avevi di Occam il baglì
con cento lance, et altra gente molta,
credendo più securi star così;
con la qual gente, la seconda volta,
facesti Pisa di speranza priva
di potersi goder la sua ricolta.
Mentre che la Tremogghia ne veniva
e che fra 'l Papa e Francia umor ascoso
e còlera maligna ribolliva,
malò Valenza e, per aver riposo,
portato fu tra l'anime beate
lo spirto d'Alessandro glorioso;
del qual seguirno le sante pedate
tre sue familiari e care ancelle:
Lussuria, Simonia e Crudeltate.
Ma come furno in Francia le novelle,
Ascanio Sforza, quella volpe astuta,
con parole suavi, ornate e belle,
a Roan persuase la venuta
d'Italia, promettendogli l'ammanto
che salir a' cristian in cielo aiuta.
E galli a Roma si eron fermi intanto,
né passar volson l'onorato rio
mentre che vòto stette il seggio santo.
E così fu creato papa Pio,
ma pochi giorni stiè sotto a quel pondo
che li avea posto in su le spalle Dio.
Con gran concordia poi Iulio secondo
fu fatto portinar di Paradiso,
per ristorar de' suo' disagi el mondo.
Poi che Alessandro fu dal ciel ucciso,
lo stato del suo duca di Valenza
in molte parte fu rotto e diviso:
Baglion, Vitelli, Orsin e la semenza
di Montefeltro in casa lor ne girno,
e Marco prese Rimino e Faenza;
infino in Roma el Valentin seguirno
e Baglion e li Orsin per darli guai,
e delle spoglie sue si rivestirno.
Iulio sol lo nutrì di speme assai
e quel duca in altrui trovar credette
quella pietà che non conobbe mai;
ma poi che ad Ostia qualche giorno stette
per dipartirsi, el papa fe' tornallo
in Roma et a sue genti a guardia 'l dette.
Intanto e capitan del fiero gallo
sopra la riva del Gariglian giunti,
facevon ogni cosa per passallo;
et avendo in quel luogo invan consunti
con gran disagio molti giorni e notti,
dal freddo afflitti e da vergogna punti,
e non essendo insieme mai redotti
per varii luoghi e 'n più parti dispersi
dal tempo e da' nimici furon rotti.
Unde, avendo l'onor e i danar persi
a Salsa, a Roma e quivi, tutto mesto
si dolse il gallo de' suo casi avversi;
e parendo allo ispano avere in questo
conflitto avuto le vittorie sue
né volendo giucar coi galli el resto,
forse sperando nella pace piue,
fece fermar il bellico tumulto
e della triegua ben contento fue.
Né voi tenesti 'l valor vostro occulto,
ma d'arme più gagliarde vi vestisti
per posser meglio opporvi a ogni insulto,
né da le offese de' Pisan partisti,
anzi togliesti lor le terze biade
e per mare e per terra gli assalisti.
E perché non temean le vostre spade
voi vi sforzasti con varii disegni
rivolger Arno per diverse strade;
or per disacerbar gli animi pregni
avete a ciaschedun le braccia aperte
che a domandar perdon venir si degni.
Intanto el papa dopo molte offerte
fe' di Furlì e della rocca acquisto,
e Valenza fuggì per vie coperte.
E benché e' fussi da Consalvo visto
con lieto volto, li pose la soma
che meritava un ribellante a Cristo;
e per far ben tanta superbia doma
in Ispagna mandò, prigione e vinto,
chi già fe' tremar voi e pianger Roma.
Ha volto el sol duo volte l'anno quinto
sopra questi accidenti crudi e fieri
e di sangue ha veduto el mondo tinto;
et or raddoppia l'orzo a' suo corsieri
acciò che presto presto si risenta
cosa, che queste vi pain leggieri.
Non è ben la Fortuna ancor contenta,
né posto ha fine a l'italice lite,
né la cagion di tanti mali è spenta.
Non sono e regni e le potenzie unite
né posson esser: perché il papa vuole
guarir la Chiesa delle sue ferite;
l'imperador, con l'unica sua prole,
vuol presentarsi al successor di Petro;
al gallo el colpo ricevuto duole;
e Spagna, che di Puglia tien lo scetro,
va tendendo a' vicin lacciuoli e rete
per non tornar con le sue imprese a retro;
Marco, pien di paura e pien di sete,
fra la pace e la guerra tutto pende;
e voi di Pisa giusta voglia avete.
Per tanto facilmente si comprende
che fin al cielo aggiugnerà la fiamma
se nuovo fuoco fra costor s'accende.
Onde l'animo mio tutto s'infiamma
or di speranza, or di timor si carca,
tanto che si consumma a dramma a dramma,
perché saper vorrebbe dove carca
di tanti incarchi debbe, o in qual porto,
con questi venti andar la vostra barca:
Pur si confida nel nocchier accorto
ne' remi, ne le vele e ne le sarte,
ma sarebbe il cammin facile e corto
se voi il tempio riaprissi a Marte.
FINIS
EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Niccolò Machiavelli - Opere - volume I",
a cura di Corrado Vivanti, EINAUDI-GALLIMARD, BIBLIOTECA DELLA PLEIADE, Torino, 1997
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