Niccolò Machiavelli - Opera Omnia >>  La mandragola




 

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PERSONAGGI


 
 
 
CALLIMACO    SOSTRATA
 
 
 
SIRO    FRATE TIMOTEO
 
 
 
MESSER NICIA       UNA DONNA
 
 
 
LIGURIO    LUCREZIA



CANZONE

da dirsi innanzi alla commedia, cantata da ninfe e pastori insieme


        Perché la vita è brieve
e molte son le pene
che vivendo e stentando ognun sostiene,

      dietro alle nostre voglie
andiam passando e consumando gli anni,
ché chi il piacer si toglie
per viver con angosce e con affanni,
non conosce gli inganni
del mondo, o da quai mali
e da che strani casi
oppressi quasi - sian tutti i mortali.

      Per fuggir questa noia,
eletta solitaria vita abbiamo,
e sempre in festa e in gioia
giovin leggiadri e liete Ninfe stiamo.
Or qui venuti siamo
con la nostra armonia,
sol per onorar questa
sì lieta festa - e dolce compagnia.

      Ancor ci ha qui condutti
il nome di colui che vi governa,
in cui si veggon tutti
i beni accolti in la sembianza eterna.
Per tal grazia superna,
per sì felice stato,
potete lieti stare,
godere e ringraziare - chi ve lo ha dato.


PROLOGO

      Iddio vi salvi, benigni uditori,
quando e' par che dependa
questa benignità da lo esser grato.
Se voi seguite di non far romori,
noi vogliàn che s'intenda
un nuovo caso in questa terra nato.
Vedete l'apparato,
qual or vi si dimostra:
quest'è Firenze vostra;
un'altra volta sarà Roma o Pisa:
cosa da smascellarsi delle risa.

      Quello uscio, che mi è qui in sulla man ritta,
la casa è d'un dottore,
che 'mparò in sul Buezio legge assai.
Quella via che è colà in quel canto fitta,
è la Via dello Amore,
dove chi casca non si rizza mai.
Conoscer poi potrai
a l'abito d'un frate,
qual priore o abate
abiti el tempio che all'incontro è posto,
se di qui non ti parti troppo tosto.

      Un giovane, Callimaco Guadagni,
venuto or da Parigi,
abita là, in quella sinistra porta.
Costui, fra tutti gli altri buon compagni,
a' segni ed a' vestigi
l'onor di gentilezza e pregio porta.
Una giovane accorta
fu da lui molto amata,
e per questo ingannata
fu, come intenderete, ed io vorrei
che voi fussi ingannate come lei.

      La favola Mandragola si chiama.
La cagion voi vedrete
nel recitarla, come io m'indovino.
Non è el componitor di molta fama:
pur se voi non ridete,
egli è contento di pagarvi el vino.
Uno amante meschino,
un dottor poco astuto,
un frate mal vissuto,
un parassito di malizia el cucco,
fien questo giorno el vostro badalucco.

      E se questa materia non è degna,
per esser pur leggieri,
d'un uom che voglia parer saggio e grave,
scusatelo con questo, che s'ingegna
con questi van pensieri
fare el suo tristo tempo più suave
perch'altrove non have
dove voltare el viso:
ché gli è stato interciso
monstrar con altre imprese altra virtue,
non sendo premio alle fatiche sue.

      El premio che si spera è che ciascuno
si sta da canto e ghigna,
dicendo mal di ciò che vede o sente.
Di qui depende sanza dubio alcuno
che per tutto traligna
da l'antica virtù el secol presente;
imperò che la gente,
vedendo ch'ognun biasma,
non s'affatica e spasma
per far con mille sua disagi un'opra,
che 'l vento guasti o la nebbia ricuopra.

      Pur se credessi alcun, dicendo male,
tenerlo pe' capegli
e sbigottirlo o ritirarlo in parte,
io lo ammunisco e dico a questo tale
che sa dir male anch'egli,
e come questa fu la sua prim'arte:
e come, in ogni parte
del mondo ove el sì suona,
non istima persona,
ancor che facci el sergieri a colui
che può portar miglior mantel che lui.

      Ma lasciam pur dir male a chiunche vuole.
Torniamo al caso nostro,
acciò che non trapassi troppo l'ora.
Far conto non si de' delle parole,
né stimar qualche mostro
che non sa forse s' e' si è vivo ancora.
Callimaco esce fuora
e Siro con seco ha
suo famiglio, e dirà
l'ordin di tutto. Stia ciascuno attento,
né per ora aspettate altro argumento.


ATTO PRIMO

SCENA I

Callimaco, Siro.

Callimaco - Siro, non ti partire, i' ti voglio un poco.

Siro - Eccomi.

Callimaco - Io credo che tu ti maravigliassi assai della mia subita partita da Parigi, ed ora ti maravigli send'io stato qui già un mese sanza fare alcuna cosa.

Siro - Voi dite el vero.

Callimaco - Se io non ti ho detto infino a qui quello che io ti dirò, non è stato per non mi fidare di te ma per iudicare, le cose che l'uomo vuole non si sappino, sia bene non le dire se non forzato. Pertanto pensando io di potere avere bisogno della opera tua, ti voglio dire el tutto.

Siro - Io vi sono servitore, e servi non debbono mai domandare e padroni d'alcuna cosa, né cercare alcuno loro fatto, ma quando per loro medesimi le dicono, debbono servirgli con fede: e così ho fatto e sono per fare io.

Callimaco - Già lo so. Io credo che tu mi abbi sentito dire mille volte, ma e' non importa che tu lo intenda mille una, come io avevo dieci anni quando da e mia tutori, sendo mio padre e mia madre morti, io fui mandato a Parigi, dove io sono stato venti anni. E perché in capo de' dieci cominciorno, per la passata del re Carlo, le guerre in Italia, le quali ruinorno quella provincia, deliberai di vivermi a Parigi e non mi ripatriare mai, giudicando potere in quel luogo vivere più sicuro che qui.

Siro - Egli è così.

Callimaco - E commesso di qua che fussino venduti tutti e mia beni fuora che la casa, mi ridussi a vivere quivi, dove sono stato dieci altri anni con una felicità grandissima...

Siro - Io lo so.

Callimaco - ...avendo compartito el tempo parte alli studii, parte a' piaceri, e parte alle faccende. E in modo mi travagliavo in ciascuna di queste cose che l'una non mi impediva la via dell'altra. E per questo, come tu sai, vivevo quietissimamente giovando a ciascuno ed ingegnandomi di non offendere persona; tal che mi pareva essere grato a' borghesi, a' gentiluomini, al forestiero, al terrazzano, al povero ed al ricco.

Siro - Egli è la verità.

Callimaco - Ma, parendo alla Fortuna che io avessi troppo bel tempo, fece che e' capitò a Parigi un Cammillo Calfucci.

Siro - Io comincio a indovinarmi del male vostro.

Callimaco - Costui come gli altri fiorentini era spesso convitato da me, e nel ragionare insieme, accadde un giorno che noi venimmo in disputa, dove erano più belle donne o in Italia o in Francia. E perché io non potevo ragionare delle italiane sendo sì piccolo quando mi partii, alcuno altro fiorentino che era presente prese la parte franzese, e Cammillo la italiana, e doppo molte ragione assegnate da ogni parte disse Cammillo quasi che irato, che se tutte le donne italiane fussino monstri, che una sua parente era per riavere l'onore loro.

Siro - Io sono or chiaro di quello che voi volete dire.

Callimaco - E nominò madonna Lucrezia, moglie di messer Nicia Calfucci, alla quale dette tante laude e di bellezza e di costumi che fece restare stupidi qualunche di noi, e in me destò tanto desiderio di vederla che io, lasciato ogni altra deliberazione né pensando più alle guerre o alle pace di Italia, mi messi a venire qui: dove arrivato ho trovato la fama di madonna Lucrezia essere minore assai che la verità, il che occorre rarissime volte, e sommi acceso in tanto desiderio d'esser seco che io non truovo loco.

Siro - Se voi me n'avessi parlato a Parigi io saprei che consigliarvi, ma ora non so io che mi vi dire.

Callimaco - Io non ti ho detto questo per voler tua consigli ma per sfogarmi in parte, e perché tu prepari l'animo aiutarmi dove el bisogno lo ricerchi.

Siro - A cotesto son io paratissimo, ma che speranza ci avete voi?

Callimaco - Ahimè! nessuna o poche. E Dicoti: in prima mi fa la guerra la natura di lei che è onestissima ed al tutto aliena dalle cose d'amore: avere el marito ricchissimo e che al tutto si lascia governare da lei e se non è giovane non è al tutto vecchio, come pare: non avere parenti o vicini con chi ella convenga ad alcuna vegghia o festa o ad alcuno altro piacere di che si sogliono dilettare le giovani. Delle persone mecaniche non gliene capita a casa nessuna, non ha fante né famiglio che non tremi di lei: in modo che non ci è luogo d'alcuna corruzione.

Siro - Che pensate adunque potere fare?

Callimaco - E' non è mai alcuna cosa sì disperata che non vi sia qualche via da poterne sperare, e benché la fussi debole e vana, e la voglia e il desiderio che l'uomo ha di condurre la cosa non la fa parere così.

Siro - Infine, e che vi fa sperare?

Callimaco - Dua cose: l'una, la semplicità di messer Nicia, che benché sia dottore egli è el più semplice e el più sciocco uomo di Firenze; l'altra, la voglia che lui e lei hanno d'avere figliuoli, che sendo stata sei anni a marito e non avendo ancora fatti, ne hanno, sendo ricchissimi, un desiderio che muoiono. Una terza ci è, che la sua madre è suta buona compagna. Ma l'è ricca, tale che io non so come governarmene.

Siro - Avete voi, per questo, tentato per ancora cosa alcuna?

Callimaco - Sì ho, ma piccola cosa.

Siro - Come?

Callimaco - Tu conosci Ligurio, che viene continuamente a mangiar meco. Costui fu già sensale di matrimoni, dipoi s'è dato a mendicare cene e desinari. E perché egli è piacevole uomo, messer Nicia tiene con lui una stretta dimestichezza, e Ligurio l'uccella, e benché nol meni a mangiare seco, li presta alle volte danari. Io me lo son fatto amico, e gli ho communicato il mio amore, lui mi ha promesso d'aiutarmi con le mane e co' piè.

Siro - Guardate che non vi inganni: questi pappatori non sogliono avere molta fede.

Callimaco - Egli è el vero. Nondimeno, quando una cosa fa per uno, si ha a credere, quando tu gliene communichi, che ti serva con fede. Io gli ho promesso, quando e' riesca, donargli buona somma di danari; quando non riesca, ne spicca un desinare e una cena, ché ad ogni modo non mangerei solo.

Siro - Che ha egli promesso insino qui di fare?

Callimaco - Ha promesso di persuadere a messer Nicia che vadia con la sua donna al bagno in questo maggio.

Siro - Che è a voi cotesto?

Callimaco - Che è a me! Potrebbe quel luogo farla diventare d'un'altra natura, perché in simili lati non si fa se non festeggiare. E io me ne andrei là, e vi condurrei di tutte quelle ragioni piaceri che io potessi, né lascerei indrieto alcuna parte di magnificenzia: fare'mi familiar suo e del suo marito. Che so io? Di cosa nasce cosa, e il tempo la governa.

Siro - E' non mi dispiace.

Callimaco - Ligurio si partì questa mattina da me, e disse che sarebbe con messer Nicia sopra questa cosa, e me ne risponderebbe.

Siro - Eccoli di qua insieme.

Callimaco - Io mi vo' tirare da parte, per essere a tempo a parlare con Ligurio quando si spicca dal dottore. Tu intanto ne va' in casa alle tue faccende; e se io vorrò che facci cosa alcuna io tel dirò.

Siro - Io vo.

SCENA II

Messer Nicia, Ligurio.

Nicia - Io credo ch'e tua consigli sien buoni, e parla'ne iersera con la donna. Disse che mi risponderebbe oggi, ma a dirti el vero io non ci vo di buone gambe.

Ligurio - Perchè?

Nicia - Perché io mi spicco mal volentieri da bomba. Dipoi a avere a travasare moglie, fante, masserizie, ella non mi quadra. Oltra di questo, io parlai iersera a parecchi medici. L'uno dice che io vadia a San Filippo, l'altro alla Porretta, e l'altro alla Villa: e' mi parvono parecchi uccellacci, e a dirti el vero questi dottori di medicina non sanno quello che si pescono.

Ligurio - E' vi debbe dare briga quello che voi dicesti prima, perché voi non siete uso a perdere la Cupola di veduta.

Nicia - Tu erri! Quando io ero più giovane io sono stato molto randagio. E non si fece mai la fiera a Prato che io non vi andassi, e non ci è castel veruno all'intorno dove io non sia stato: e ti vo' dire più là: io sono stato a Pisa ed a Livorno, oh va'!

Ligurio - Voi dovete avere veduto la carrucola di Pisa.

Nicia - Tu vuo' dire la Verrucola.

Ligurio - Ah! sì, la Verrucola. A Livorno vedesti voi el mare?

Nicia - Bene sai che io il vidi!

Ligurio - Quanto è egli maggiore che Arno?

Nicia - Che Arno? Egli è per quattro volte, per più di sei, per più di sette mi farai dire: e' non si vede se non acqua acqua acqua.

Ligurio - Io mi maraviglio adunque, avendo voi pisciato in tante neve, che voi facciate tanta difficultà d'andare al bagno.

Nicia - Tu hai la bocca piena di latte. E' ti pare a te una favola avere a sgominare tutta la casa? Pure io ho tanta voglia d'avere figliuoli che io son per fare ogni cosa. Ma parlane un po' tu con questi maestri, vedi dove e' mi consigliassino che io andassi; ed io sarò intanto con la donna, e ritroverrenci.

Ligurio - Voi dite bene.

SCENA III

Ligurio, Callimaco.

Ligurio - Io non credo che sia nel mondo el più sciocco uomo di costui, e quanto la Fortuna lo ha favorito! Lui ricco, lui bella donna, savia, costumata e atta a governare un regno. E parmi che rare volte si verifichi quel proverbio ne' matrimoni, che dice: - Dio fa gli uomini, e' si appaiono! - perché spesso si vede uno uomo ben qualificato sortire una bestia, e per avverso una prudente donna avere un pazzo. Ma della pazzia di costui se ne cava questo bene, che Callimaco ha che sperare. Ma eccolo. Che vai tu appostando, Callimaco?

Callimaco - Io t'avevo veduto col dottore, ed aspettavo che tu ti spiccassi da lui per intendere quello avevi fatto.

Ligurio - Egli è uno uomo della qualità che tu sai, di poca prudenzia, di meno animo: e partesi mal volentieri da Firenze. Pure io ce l'ho riscaldato, e mi ha detto infine che farà ogni cosa. E credo che quando e' ci piaccia questo partito, che noi ve lo condurreno; ma io non so se noi ci fareno el bisogno nostro.

Callimaco - Perché?

Ligurio - Che so io? Tu sai che a questi bagni va d'ogni qualità gente, e potrebbe venirvi uomo a chi madonna Lucrezia piacessi come a te, che fussi ricco più di te, che avessi più grazia di te; in modo che si porta pericolo di non durare questa fatica per altri, e che intervenga che la copia de' concorrenti la faccino più dura, o che dimesticandosi la si volga ad un altro e non a te.

Callimaco - Io conosco che tu di' el vero. Ma come ho a fare? Che partito ho a pigliare? Dove mi ho a volgere? A me bisogna tentare qualche cosa, sia grande, sia periculosa, sia dannosa, sia infame. Meglio è morire che vivere così. Se io potessi dormire la notte, se io potessi mangiare, se io potessi conversare, se io potessi pigliare piacere di cosa veruna, io sarei più paziente ad aspettare el tempo; ma qui non c'è rimedio: e se io non son tenuto in speranza da qualche partito, io mi morrò in ogni modo; e veggendo di avere a morire, non sono per temere cosa alcuna ma per pigliare qualche partito bestiale, crudo, nefando.

Ligurio - Non dir così, raffrena cotesto impeto dello animo.

Callimaco - Tu vedi bene che per raffrenarlo io mi pasco di simili pensieri. E però è necessario o che noi seguitiamo di mandare costui al bagno, o che noi entriano per qualche altra via che mi pasca d'una speranza, se non vera falsa almeno, per la quale io nutrisca un pensiero che mitighi in parte tanti mia affanni.

Ligurio - Tu hai ragione, ed io son per farlo.

Callimaco - Io lo credo, ancora che io sappia ch'e pari tuoi vivino d'uccellare li uomini. Nondimanco, io non credo essere in quel numero, perché quando tu el facessi ed io me ne avvedessi, cercherei di valermene, e perderesti per ora l'uso della casa mia e la speranza di avere quello che per lo avvenire t'ho promesso.

Ligurio - Non dubitare della fede mia, ché quando e' non ci fussi l'utile che io sento e che io spero, ci e' che 'l tuo sangue si affà col mio, e desidero che tu adempia questo tuo desiderio presso a quanto tu. Ma lasciamo ire questo. El dottore mi ha commesso che io truovi un medico e intenda a quale bagno sia bene andare. Io voglio che tu faccia a mio modo: e questo è che tu dica di avere studiato in medicina e abbi fatto a Parigi qualche sperienzia; lui è per crederlo facilmente, per la semplicità sua e per essere tu litterato e poterli dire qualche cosa in grammatica.

Callimaco - A che ci ha a servire cotesto?

Ligurio - Serviracci a mandarlo a qual bagno noi vorreno, ed a pigliare qualche altro partito che io ho pensato, che sarà più corto, più certo, più riuscibile che 'l bagno.

Callimaco - Che di' tu?

Ligurio - Dico che se tu arai animo e se tu confiderai in me, io ti do questa cosa fatta innanzi che sia domani questa otta. E quando e' fussi uom che non è, da ricercare se tu se' o non se' medico, la brevità del tempo, la cosa in sé, farà che non ne ragionerà o che non sarà a tempo a guastarci el disegno, quando bene e' ne ragionassi.

Callimaco - Tu mi risuciti. Questa è troppa gran promessa, e pascimi di troppa gran speranza. Come farai?

Ligurio - Tu el saprai, quando e' fia tempo, per ora non occorre che io te lo dica, perché el tempo ci mancherà a fare nonché a dire. Tu vanne in casa e quivi m'aspetta, e io anderò a trovare el dottore: e se io lo conduco a te, andrai seguitando el mio parlare e accomodandoti a quello.

Callimaco - Così farò, ancora che tu mi riempia d'una speranza che io temo non se ne vadia in fumo.


CANZONE

dopo il primo atto


      Chi non fa prova, Amore,
della tua gran possanza, indarno spera
di far mai fede vera
qual sia del cielo il più alto valore,
né sa come si vive insieme e muore,
come si segue il danno e 'l ben si fugge,
come s'ama se stesso
men d'altrui, come spesso
timore e speme i cori adiaccia e strugge;
né sa come ugualmente uomini e dèi
paventan l'arme di che armato sei.


ATTO SECONDO

SCENA I

Ligurio, messer Nicia, Siro.

Ligurio - Come io vi ho detto, io credo che Dio ci abbi mandato costui perché voi adempiate el desiderio vostro. Egli ha fatto a Parigi esperienzie grandissime, e non vi maravigliate se a Firenze e' non ha fatto professione dell'arte, che n'è suto cagione, prima per essere ricco, secondo perché egli è ad ogni ora per tornare a Parigi.

Nicia - Ormai, frate sì, cotesto bene importa; perché io non vorrei che mi mettessi in qualche lecceto e poi mi lasciassi in sulle secche.

Ligurio - Non dubitate di cotesto, abbiate solo paura che non voglia pigliare questa cura; ma se la piglia, e' non è per lasciarvi infino che non ne vede el fine.

Nicia - Di cotesta parte i' mi vo' fidare di te; ma della scienzia io ti dirò ben io, come io li parlo, s'egli è uomo di dottrina, perché a me non venderà egli vesciche!

Ligurio - E perché io vi conosco, vi meno io a lui acciò li parliate. E se, parlato li avete, e' non vi pare per presenzia, per dottrina, per lingua, uno uomo da metterli il capo in grembo, dite che io non sia desso.

Nicia - Or sia, al nome dell'Agnol santo! Andiamo. Ma dove sta egli?

Ligurio - Sta in su questa piazza, in quello uscio che voi vedete al dirimpetto a voi.

Nicia - Sia con buona ora.

Ligurio - Ecco fatto.

Siro - Chi è?

Ligurio - Evvi Callimaco?

Siro - Sì, è.

Nicia - Che non di' tu maestro Callimaco?

Ligurio - E' non si cura di simil baie.

Nicia - Non dire così, fa' il tuo debito, e s'e' l'ha per male, scingasi!


SCENA II

Callimaco, messer Nicia, Ligurio.

Callimaco - Chi è quel che mi vuole?

Nicia - Bona dies, domine magister.

Callimaco - Et vobis bona, domine doctor.

Ligurio - Che vi pare?

Nicia - Bene, alle guagnèle!

Ligurio - Se voi volete che io stia qui con voi, voi parlerete in modo che io v'intenda, altrimenti noi fareno duo fuochi.

Callimaco - Che buone faccende?

Nicia - Che so io? Vo cercando duo cose che un altro per avventura fuggirebbe: questo è di dare briga a me e ad altri. Io non ho figliuoli e vorre'ne, e per avere questa briga vengo a dare impaccio a voi.

Callimaco - A me non fia mai discaro fare piacere a voi ed a tutti li uomini virtuosi e da bene come voi: e non mi son a Parigi affaticato tanti anni per imparare, per altro se non per potere servire a' pari vostri.

Nicia - Gran mercé; e quando voi avessi bisogno dell'arte mia, io vi servirei volentieri. Ma torniamo ad rem nostram. Avete voi pensato che bagno fussi buono a disporre la donna mia ad impregnare? ché io so che qui Ligurio vi ha detto quel che vi s'abbia detto.

Callimaco - Egli è la verità, ma a volere adempiere el desiderio vostro, è necessario sapere la cagione della sterilità della donna vostra, perché le possono essere più cagioni. Nam cause sterilitatis sunt: aut in semine, aut in matrice, aut in instrumentis seminariis, aut in virga, aut in causa extrinseca.

Nicia - Costui è el più degno uomo che si possa trovare!

Callimaco - Potrebbe, oltra a di questo, causarsi questa sterilità da voi per impotenzia; che quando questo fussi, non ci sarebbe rimedio alcuno.

Nicia - Impotente io? Oh! voi mi farete ridere! Io non credo che sia el più ferrigno ed il più rubizzo uomo in Firenze di me.

Callimaco - Se cotesto non è, state di buona voglia che noi vi troverremo qualche remedio.

Nicia - Sarebbeci egli altro remedio ch'e bagni? Perché io non vorrei quel disagio, e la donna uscirebbe di Firenze mal volentieri.

Ligurio - Sì, sarà! Io vo' rispondere io. Callimaco è tanto respettivo, che è troppo. Non mi avete voi detto di sapere ordinare certe pozioni che indubitatamente fanno ingravidare?

Callimaco - Sì, ho. Ma io vo rattenuto con gli uomini che io non conosco, perché io non vorrei mi tenessino un cerretano.

Nicia - Non dubitate di me, perché voi mi avete fatto maravigliare di qualità, che non è cosa io non credessi o facessi per le vostre mane.

Ligurio - Io credo che bisogni che voi veggiate el segno.

Callimaco - Sanza dubbio, e' non si può fare di meno.

Ligurio - Chiama Siro, che vadia col dottore a casa per esso, e torni qui, e noi l'aspettereno in casa.

Callimaco - Siro, va' con lui. E se vi pare, messer, tornate qui subito, e pensereno a qualche cosa di buono.

Nicia - Come, se mi pare? Io tornerò qui in uno stante, ché ho più fede in voi che gli ungheri nelle spade.


SCENA III

Messer Nicia, Siro.

Nicia - Questo tuo padrone è un gran valente uomo.

Siro - Più che voi non dite.

Nicia - El re di Francia ne de' fare conto.

Siro - Assai.

Nicia - E per questa cagione e' debbe stare volentieri in Francia.

Siro - Così credo.

Nicia - E fa molto bene. In questa terra non ci è se non cacastecchi, non ci si apprezza virtù alcuna. S'egli stessi qua, non ci sarebbe uomo che lo guardassi in viso. Io ne so ragionare, che ho cacato le curatelle per imparare due hac: e se io ne avessi a vivere, io starei fresco, ti so dire!

Siro - Guadagnate voi l'anno cento ducati?

Nicia - Non cento lire, non cento grossi, oh va'! E questo è, che chi non ha lo stato in questa terra, de' nostri pari, non truova can che gli abbai, e non siamo buoni ad altro che andare a' mortori o alle ragunate d'un mogliazzo o a starci tutto dì in sulla panca del Proconsolo a donzellarci. Ma io ne li disgrazio, io non ho bisogno di persona; così stessi chi sta peggio di me. Non vorrei però che le fussino mia parole, che io arei di fatto qualche balzello o qualche porro di drieto che mi fare' sudare.

Siro - Non dubitate.

Nicia - Noi siamo a casa: aspettami qui; io tornerò ora.

Siro - Andate.

SCENA IV

Siro solo.

Se gli altri dottori fussino fatti come costui, noi faremmo a' sassi pe' forni: che sì che questo tristo di Ligurio e questo impazzato di questo mio padrone lo conducono in qualche loco che gli faranno vergogna! E veramente io lo desiderrei, quando io credessi che non si risapessi: perché risapendosi, io porto pericolo della vita, el padrone della vita e della roba. Egli è già diventato medico; non so io che disegno si sia el loro. e dove si tenda questo loro inganno. Ma ecco el dottore che ha uno orinale in mano: chi non riderebbe di questo uccellaccio?


SCENA V

Messer Nicia, Siro.

Nicia - Io ho fatto d'ogni cosa a tuo modo: di questo vo' io che tu facci a mio. S'io credevo non avere figliuoli, io arei preso più tosto per moglie una contadina. Che se' costì, Siro? Viemmi drieto. Quanta fatica ho io durata a fare che questa mia monna sciocca mi dia questo segno! E non è dire che la non abbi caro di fare figliuoli, ché la ne ha più pensiero di me, ma come io le vo' fare fare nulla, egli è una storia!

Siro - Abbiate pazienzia: le donne si sogliono con le buone parole condurre dove altri vuole.

Nicia - Che buone parole! ché mi ha fracido. Va' ratto, di' al maestro ed a Ligurio che io son qui.

Siro - Eccogli che vengon fuori.


SCENA VI

Ligurio, Callimaco, messer Nicia.

Ligurio - El dottore fia facile a persuadere, la difficultà fia la donna, ed a questo non ci mancherà modo.

Callimaco - Avete voi el segno?

Nicia - E' l'ha Siro, sotto.

Callimaco - Dàllo qua. Oh! questo segno mostra debilità di rene.

Nicia - Ei mi par torbidiccio; eppur l'ha fatto or ora.

Callimaco - Non ve ne maravigliate. Nam mulieris urinae sunt semper maioris grossitiei et albedinis et minoris pulchritudinis quam virorum. Huius autem, in caetera, causa est amplitudo canalium, mixtio eorum quae ex matrice exeunt cum urina.

Nicia - Oh, uh, potta di san Puccio! Costui mi raffinisce tra le mani; guarda come ragiona bene di queste cose!

Callimaco - Io ho paura che costei non sia, la notte, mal coperta, e per questo fa l'orina cruda.

Nicia - Ella tien pure adosso un buon coltrone, ma la sta quattro ore ginocchioni ad infilzar paternostri, innanzi che la se ne venghi al letto, ed è una bestia a patire freddo.

Callimaco - Infine, dottore, o voi avete fede in me o no, o io vi ho ad insegnare un rimedio certo o no. Io, per me, el rimedio vi darò. Se voi arete fede in me voi lo piglierete, e se oggi ad uno anno la vostra donna non ha un suo figliuolo in braccio, io voglio avervi a donare dumilia ducati.

Nicia Dite pure, ché io son per farvi onore di tutto e per credervi più che al mio confessoro.

Callimaco - Voi avete ad intender questo, che non è cosa più certa ad ingravidare una donna che dargli bere una pozione fatta di mandragola. Questa è una cosa esperimentata da me dua paia di volte e trovata sempre vera, e se non era questo, la reina di Francia sarebbe sterile, ed infinite altre principesse di quello Stato.

Nicia - È egli possibile?

Callimaco - Egli è come io vi dico. E la fortuna vi ha in tanto voluto bene che io ho condotto qui meco tutte quelle cose che in quella pozione si mettono, e potete averla a vostra posta.

Nicia - Quando l'arebb'ella a pigliare?

Callimaco - Questa sera doppo cena, perché la luna è ben disposta e el tempo non può essere più appropriato.

Nicia - Cotesta non fia molto gran cosa. Ordinatela in ogni modo: io gliene farò pigliare.

Callimaco - E' bisogna ora pensare a questo: che quell'uomo che ha prima a fare seco, presa che l'ha cotesta pozione, muore infra otto giorni, e non lo camperebbe el mondo.

Nicia - Cacasangue! Io non voglio cotesta suzzacchera; a me non l'apiccherai tu! Voi mi avete concio bene!

Callimaco - State saldo, e' ci è rimedio.

Nicia - Quale?

Callimaco - Fare dormire subito con lei un altro che tiri, standosi seco una notte, a sé, tutta quella infezione della mandragola. Dipoi vi iacerete voi sanza periculo.

Nicia - Io non vo' fare cotesto.

Callimaco - Perché?

Nicia -Perché io non vo' far la mia donna femmina e me becco.

Callimaco - Che dite voi, dottore? Oh, io non vi ho per savio come io credetti. Si che voi dubitate di fare quello che ha fatto el re di Francia e tanti signori quanti sono là?

Nicia - Chi volete voi che io truovi che facci cotesta pazzia? Se io gliene dico, e' non vorrà; se io non gliene dico, io lo tradisco, ed è caso da Otto: io non ci voglio capitare sotto male.

Callimaco - Se non vi dà briga altro che cotesto, lasciatene la cura a me.

Nicia - Come si farà?

Callimaco - Dirovelo: io vi darò la pozione questa sera dopo cena; voi gliene darete bere, e subito la metterete nel letto, che fieno circa a quattro ore di notte. Dipoi ci travestiremo, voi, Ligurio, Siro ed io, e andrencene cercando in Mercato Nuovo, in Mercato Vecchio, per questi canti: e il primo garzonaccio che noi troviamo scioperato, lo imbavaglieremo, e a suon di mazzate lo condurreno in casa ed in camera vostra al buio. Quivi lo mettereno nel letto, direngli quel che abbia a fare, né ci fia difficultà veruna. Dipoi, la mattina, ne manderete colui innanzi dì, farete lavare la vostra donna, starete con lei a vostro piacere e sanza periculo.

Nicia - Io son contento, poiché tu di' che e re e principi e signori hanno tenuto questo modo; ma, sopra a tutto, che non si sappia, per amore degli Otto!

Callimaco - Chi volete voi che'l dica?

Nicia - Una fatica ci resta, e d'importanza.

Callimaco - Quale?

Nicia - Farne contenta mogliama, a che io non credo che la si disponga mai.

Callimaco - Voi dite el vero. Ma io non vorrei innanzi essere marito, se io non la disponessi a fare a mio modo.

Ligurio - Io ho pensato el rimedio.

Nicia - Come?

Ligurio - Per via del confessoro.

Callimaco - Chi disporrà el confessoro?

Ligurio - Tu, io, e danari, la cattività nostra, loro.

Nicia - Io dubito, non che altro, che per mie detto la non voglia ire a parlare al confessoro.

Ligurio - E anche a cotesto è rimedio.

Callimaco - Dimmi!

Ligurio - Farvela condurre alla madre.

Nicia - La le presta fede.

Ligurio - E io so che la madre è della opinione nostra. Orsù, avanziamo tempo, ché si fa sera. Vatti, Callimaco, a spasso, e fa' che alle dua ore noi ti troviamo in casa con la pozione ad ordine. Noi n'andreno a casa la madre, el dottore ed io, a disporla, perché è mia nota. Poi n'andremo al frate, e vi raguagliereno di quello che noi areno fatto.

Callimaco - Deh! non mi lasciare solo.

Ligurio - Tu mi pari cotto.

Callimaco - Dove vuoi tu che io vadia ora?

Ligurio - Di là, di qua, per questa via, per quell'altra; egli è sì grande Firenze!

Callimaco - Io son morto.


CANZONE

dopo il secondo atto


      Quanto felice sia ciascun sel vede,
chi nasce sciocco ed ogni cosa crede!
Ambizione nol preme,
non lo muove il timore,
che sogliono esser seme
di noia e di dolore.
Questo vostro dottore,
bramando aver figlioli,
credria ch'un asin voli:
e qualunque altro ben posto ha in oblio,
e solo in questo ha posto il suo disio.


ATTO TERZO

SCENA I

Sostrata, messer Nicia, Ligurio.

Sostrata - Io ho sempre mai sentito dire che gli è uffizio d'un prudente pigliare de' cattivi partiti el migliore. Se ad avere figliuoli voi non avete altro rimedio, e questo si vuole pigliarlo, quando e' non si gravi la coscienzia.

Nicia - Egli è cosi.

Ligurio - Voi ve ne andrete a trovare la vostra figliuola, e messere ed io andreno a trovare fra' Timoteo, suo confessoro, e narrerengli el caso, acciò che non abbiate a dirlo. Voi vedrete quello che vi dirà.

Sostrata - Cosi sarà fatto. La via vostra è di costà, e io vo a trovare la Lucrezia e la merrò a parlare al frate ad ogni modo.


SCENA II

Messer Nicia, Ligurio.

Nicia - Tu ti maravigli forse, Ligurio, che bisogni fare tante storie a disporre mogliama; ma se tu sapessi ogni cosa tu non te ne maraviglieresti.

Ligurio - Io credo che sia perché tutte le donne son sospettose.

Nicia - Non è cotesto. Ell'era la più dolce persona del mondo e la più facile, ma sendole detto da una sua vicina che, s'ella si botava d'udire quaranta mattine la prima messa de' Servi che la impregnerebbe, la si botò e andovvi forse venti mattine. Ben sapete che un di que' fratacchioni li cominciò a 'ndare d'atorno, in modo che la non vi volse più tornare. Egli è pur male però, che quelli che ci arebbono a dare buoni essempli sien fatti così. Non dich'io el vero?

Ligurio - Come diavolo, se egli è vero!

Nicia - Da quel tempo in qua ella sta in orecchi come la lepre; e come se le dice nulla, ella vi fa dentro mille difficultà.

Ligurio - Io non mi maraviglio più, ma quel boto come si adempié?

Nicia Fecesi dispensare.

Ligurio - Sta bene. Ma datemi, se voi avete, venticinque ducati, ché bisogna in questi casi spendere e farsi amico el frate presto, e darli speranza di meglio.

Nicia - Pigliagli pure; questo non mi dà briga, io farò masserizia altrove.

Ligurio - Questi frati sono trincati, astuti; ed è ragionevole, perché e' sanno e peccati nostri e loro: e chi non è pratico con essi potrebbe ingannarsi, e non gli sapere condurre a suo proposito. Pertanto io non vorrei che voi nel parlare guastassi ogni cosa, perché un vostro pari, che sta tutto il dì nello studio, s'intende di quelli libri, e delle cose del mondo non sa ragionare. (Costui è sì sciocco che io ho paura non guastassi ogni cosa.)

Nicia - Dimmi quel che tu vuoi che io faccia.

Ligurio - Che voi lasciate parlare a me, e non parliate mai s'io non vi accenno.

Nicia - Io son contento. Che cenno farai tu?

Ligurio - Chiuderò un occhio, morderommi el labro. Deh, no! Facciàno altrimenti. Quanto è egli che voi non parlasti al frate?

Nicia - È più di dieci anni.

Ligurio - Sta bene: io gli dirò che voi siate assordato, e voi non risponderete e non direte mai cosa alcuna se noi non parliamo forte.

Nicia - Così farò.

Ligurio - Non vi dia briga che io dica qualche cosa che vi paia disforme a quel che noi vogliamo, perché tutto tornerà a proposito.

Nicia - In buon'ora.

SCENA III

Frate Timoteo, una Donna.

Timoteo - Se voi vi volessi confessare, io farò ciò che voi volete.

Donna - Non per oggi: io sono aspettata; e' mi basta essermi sfogata un poco così ritta ritta. Avete voi dette quelle messe della Nostra Donna?

Timoteo - Madonna sì.

Donna - Togliete ora questo fiorino, e direte dua mesi ogni lunedì la messa de' morti per l'anima del mio marito. Ed ancora che fussi uno omaccio, pure le carne tirono: io non posso fare non mi risenta, quando io me ne ricordo. Ma credete voi che sia in purgatorio?

Timoteo - Sanza dubio.

Donna - Io non so già, cotesto. Voi sapete pure quel che mi faceva qualche volta. Oh, quanto me ne dolsi io con esso voi! Io me ne discostavo quanto io potevo; ma egli era sì importuno! Uh, nostro Signore!

Timoteo - Non dubitate, la clemenzia di Dio è grande; se non manca a l'uomo la voglia, non gli manca mai el tempo a pentirsi.

Donna - Credete voi che 'l Turco passi questo anno in Italia?

Timoteo - Se voi non fate orazione, sì.

Donna - Naffe! Dio ci aiuti, con queste diavolerie! io ho una gran paura di quello impalare. Ma io veggo qua in chiesa una donna che ha certa accia di mio: io vo' ire a trovarla. Fate col buon dì!

Timoteo - Andate sana.

SCENA IV

Frate Timoteo, Ligurio, messer Nicia.

Timoteo - Le più caritative persone che sieno sono le donne, e le più fastidiose. Chi le scaccia, fugge e fastidii e l'utile; chi le intrattiene, ha l'utile ed e fastidii insieme. Ed è el vero che non è el mele sanza le mosche. Che andate voi facendo, uomini da bene? Non riconosco io messer Nicia?

Ligurio - Dite forte, ché egli è in modo assordato che non ode più nulla.

Timoteo - Voi siate el ben venuto, messere!

Ligurio - Più forte!

Timoteo - El ben venuto!

Nicia - El ben trovato, padre!

Timoteo - Che andate voi faccendo?

Nicia - Tutto bene.

Ligurio - Volgete el parlare a me, padre, perché voi, a volere che vi intendessi, aresti a mettere a romore questa piazza.

Timoteo - Che volete voi da me?

Ligurio - Qui messer Nicia ed un altro uomo da bene che voi intenderete poi, hanno a fare distribuire in limosine parecchi centinaia di ducati.

Nicia - Cacasangue!

Ligurio - (Tacete in malora, e' non fien molti.) Non vi maravigliate, padre, di cosa che dica, ché non ode, e pargli qualche volta udire, e non risponde a proposito.

Timoteo - Séguita pure, e lasciali dire ciò che vuole.

Ligurio - De' quali danari io ne ho una parte meco, ed hanno disegnato che voi siate quello che le distribuiate.

Timoteo - Molto volentieri.

Ligurio - Ma egli è necessario, prima che questa limosina si faccia, che voi ci aiutiate d'un caso strano intervenuto a messere: e solo voi potete aiutare, dove ne va al tutto l'onore di casa sua.

Timoteo - Che cosa è?

Ligurio - Io non so se voi conoscesti Cammillo Calfucci, nipote qui di messere.

Timoteo - Sì, conosco.

Ligurio Costui n'andò per certe sua faccende uno anno fa in Francia, e non avendo donna, ché era morta, lasciò una sua figliuola da marito in serbanza in uno munistero, del quale non accade dirvi ora el nome.

Timoteo - Che è seguìto?

Ligurio È seguìto che o per straccurataggine delle monache o per cervellinaggine della fanciulla, la si truova gravida di quattro mesi; di modo che, se non si ripara con prudenzia, el dottore, le monache, la fanciulla, Cammillo, la casa de' Calfucci è vituperata; e il dottore stima tanto questa vergogna che s'è botato, quando la non si palesi, dare trecento ducati per l'amore di Dio.

Nicia - Che chiacchiera!

Ligurio - (State cheto.) E daragli per le vostre mane: e voi solo e la badessa ci potete rimediare.

Timoteo - Come?

Ligurio - Persuadere alla badessa che dia una pozione alla fanciulla per farla sconciare.

Timoteo - Cotesta è cosa da pensarla.

Ligurio - Guardate, nel fare questo, quanti beni ne resulta: voi mantenete l'onore al monistero, alla fanciulla, a' parenti; rendete al padre una figliuola, satisfate qui a messere, a tanti sua parenti, fate tante elemosine quante con questi trecento ducati potete fare; e dall'altro canto voi non offendete altro che un pezzo di carne non nata, sanza senso, che in mille modi si può sperdere; e io credo che quel sia bene che facci bene ai più e che e più se ne contentino.

Timoteo - Sia col nome di Dio. Faccisi ciò che volete, e per Dio e per carità sia fatto ogni cosa. Ditemi el munistero, datemi la pozione, e, se vi pare, cotesti danari, da potere cominciare a fare qualche bene.

Ligurio - Or mi parete voi quello religioso che io credevo che voi fussi. Togliete questa parte de' danari. El munistero è... Ma aspettate, egli è qui in chiesa una donna che m'accenna: io torno ora ora, non vi partite da messer Nicia, io le vo' dire dua parole.


SCENA V

Frate Timoteo, messer Nicia.

Timoteo - Questa fanciulla che tempo ha?

Nicia - Io strabilio.

Timoteo - Dico, quanto tempo ha questa fanciulla?

Nicia - Mal che Dio gli dia!

Timoteo - Perché?

Nicia - Perché e' se lo abbia!

Timoteo - E' mi par essere nel gagno. Io ho a fare con uno pazzo e con un sordo. L'un si fugge, l'altro non ode. Ma se questi non sono quarteruoli, io ne farò meglio di loro! Ecco Ligurio che torna in qua.


SCENA VI

Ligurio, frate Timoteo, messer Nicia.

Ligurio - State cheto, messere. Oh, io ho la gran nuova, padre!

Timoteo - Quale?

Ligurio - Quella donna con chi io ho parlato, mi ha detto che quella fanciulla si è sconcia per sé stessa.

Timoteo - Bene, questa limosina andrà alla Grascia.

Ligurio - Che dite voi?

Timoteo - Dico che voi tanto più doverrete fare questa limosina.

Ligurio - La limosina si farà, quando voi vogliate, ma e' bisogna che voi facciate un'altra cosa in benefizio qui del dottore.

Timoteo - Che cosa è?

Ligurio Cosa di minor carico, di minor scandolo, più accetta a noi, più utile a voi.

Timoteo - Che è? Io son in termine con voi, e parmi avere contratta tale dimestichezza che non è cosa che io non facessi.

Ligurio - Io ve lo vo' dire in chiesa, da me e voi, e el dottore fia contento di aspettare qui. Noi torniamo ora.

Nicia - Come disse la botta all'erpice!

Timoteo Andiamo.

SCENA VII

Messer Nicia solo.

E' egli di dì o di notte? son io desto o sogno? son io imbriaco, e non ho beuto ancora oggi, per ire drieto a queste chiacchiere? Noi rimanghiam di dire al frate una cosa, e' ne dice un'altra; poi volle che io facessi el sordo, e bisognava io m'impeciassi gli orecchi come el Danese, a volere che io non avessi udite le pazzie che gli ha dette, e Dio el sa a che proposito! Io mi truovo meno venticinque ducati, e del fatto mio non si è ancora ragionato, e ora m'hanno qui posto come un zugo a piuolo. Ma eccogli che tornano; in malora per loro, se non hanno ragionato del fatto mio!


SCENA VIII

Frate Timoteo, Ligurio, messer Nicia.

Timoteo - Fate che le donne venghino. Io so quello che io ho a fare, e se l'autorità mia varrà, noi concludereno questo parentado questa sera.

Ligurio - Messer Nicia, fra' Timoteo è per fare ogni cosa. Bisogna vedere che le donne venghino.

Nicia - Tu mi ricrei tutto quanto. Fia egli maschio?

Ligurio - Maschio.

Nicia - Io lacrimo per la tenerezza.

Timoteo - Andatevene in chiesa, io aspetterò qui le donne. State in lato che le non vi vegghino, e partite che le fieno, vi dirò quello che l'hanno detto.


SCENA IX

Frate Timoteo solo.

Io non so chi s'abbi giuntato l'uno l'altro. Questo tristo di Ligurio ne venne a me con quella prima novella per tentarmi, acciò se io non gliene consentivo non mi arebbe detto questa, per non palesare e disegni loro sanza utile, e di quella che era falsa non si curavono. Egli è vero che io ci sono suto giuntato; nondimeno questo giunto è con mio utile. Messer Nicia e Callimaco son ricchi, e da ciascuno per diversi rispetti sono per trarre assai; la cosa convien stia secreta, perché l'importa così a loro a dirla come a me. Sia come si voglia, io non me ne pento. È ben vero che io dubito non ci avere dificultà, perché madonna Lucrezia è savia e buona; ma io la giugnerò in sulla bontà. E tutte le donne hanno poco cervello; e come n'è una sappi dire dua parole, e' se ne predica, perché in terra di ciechi chi v'ha un occhio è signore. Ed eccola con la madre, la quale è bene una bestia, e sarammi uno grande aiuto a condurla alle mie voglie.


SCENA X

Sostrata, Lucrezia.

Sostrata - Io credo che tu creda, figliuola mia, che io stimi l'onore tuo quanto persona del mondo, e che io non ti consigliassi di cosa che non stessi bene. Io t'ho detto e ridicoti che, se fra' Timoteo ti dice che non ti sia carico di conscienzia, che tu lo faccia senza pensarvi.

Lucrezia - Io ho sempre mai dubitato che la voglia che messer Nicia ha d'avere figliuoli non ci faccia fare qualche errore: e per questo, sempre che lui mi ha parlato d'alcuna cosa, io ne sono stata in gelosia e sospesa, massime poi che m'intervenne quello voi sapete, per andare a' Servi. Ma di tutte le cose che si son tentate, questa mi pare la più strana, di avere a sottomettere el mio corpo a questo vituperio, ad esser cagione che uno uomo muoia per vituperarmi; perché io non crederrei, se io fussi sola rimasa nel mondo e da me avessi a resurgere l'umana natura, che mi fussi simile partito concesso.

Sostrata - Io non ti so dire tante cose, figliuola mia. Tu parlerai al frate, vedrai quello che ti dirà, e farai quello che tu dipoi sarai consigliata da lui, da noi e da chi ti vuole bene.

Lucrezia - Io sudo per la passione.


SCENA XI

Frate Timoteo, Lucrezia, Sostrata.

Timoteo - Voi siate le ben venute! Io so quello che voi volete intendere da me, perché messer Nicia mi ha parlato. Veramente io son stato in su' libri più di dua ore a studiare questo caso, e dopo molte esamine, io truovo di molte cose che e in particulare e in generale fanno per noi.

Lucrezia - Parlate voi da vero o motteggiate?

Timoteo - Ah, madonna Lucrezia! son queste cose da motteggiare? Avetemi voi a conoscere ora?

Lucrezia - Padre, no; ma questa mi pare la più strana cosa che mai si udissi.

Timoteo - Madonna, io ve lo credo, ma io non voglio che voi diciate più così. E' sono molte cose che discosto paiano terribile, insopportabile, strane, e quando tu ti appressi loro, le riescono umane, sopportabili, dimestiche; e però si dice che sono maggiori li spaventi ch'e mali: e questa è una di quelle.

Lucrezia - Dio el voglia!

Timoteo - Io voglio tornare a quello che io dicevo prima. Voi avete, quanto alla conscienzia, a pigliare questa generalità, che dove è un bene certo e un male incerto non si debbe mai lasciare quel bene per paura di quel male. Qui è un bene certo, che voi ingraviderete, acquisterete una anima a messer Domenedio: el male incerto è che colui che iacerà doppo la pozione con voi, si muoia: ma e' si truova anche di quelli che non muoiono. Ma perché la cosa è dubia, però è bene che messer Nicia non corra quel periculo. Quanto allo atto, che sia peccato, questo è una favola, perché la volontà è quella che pecca, non el corpo; e la cagione del peccato è dispiacere al marito, e voi li compiacete; pigliarne piacere, e voi ne avete dispiacere. Oltra di questo, el fine si ha a riguardare in tutte le cose: el fine vostro si è riempiere una sedia in paradiso, contentare el marito vostro. Dice la Bibbia che le figliuole di Lotto, credendosi essere rimase sole nel mondo, usorno con el padre; e, perché la loro intenzione fu buona, non peccorno.

Lucrezia - Che cosa mi persuadete voi?

Sostrata - Làsciati persuadere, figliuola mia. Non vedi tu che una donna che non ha figliuoli non ha casa? Muorsi el marito, resta com'una bestia, abandonata da ognuno.

Timoteo - Io vi giuro, madonna, per questo petto sacrato, che tanta conscienzia vi è ottemperare in questo caso al marito vostro, quanto vi è mangiare carne el mercoledì, che è un peccato che se ne va con l'acqua benedetta.

Lucrezia - A che mi conducete voi, padre?

Timoteo - Conducovi a cose che voi sempre arete cagione di pregare Dio per me, e più vi satisfarà questo altro anno che ora.

Sostrata - Ella farà ciò che voi vorrete. Io la voglio mettere stasera al letto io. Di che hai tu paura, moccicona? E' c'è cinquanta donne in questa terra che ne alzerebbono le mani al cielo.

Lucrezia - Io sono contenta, ma non credo mai essere viva domattina.

Timoteo - Non dubitare, figliuola mia: io pregherrò Dio per te, io dirò l'orazione dell'agnol Raffaello che t'accompagni. Andate in buona ora, e preparatevi a questo misterio, ché si fa sera.

Sostrata - Rimanete in pace, padre.

Lucrezia - Dio m'aiuti e la Nostra Donna, che io non càpiti male!


SCENA XII

Frate Timoteo, Ligurio, messer Nicia.

Timoteo - O Ligurio, uscite qua!

Ligurio - Come va?

Timoteo - Bene. Le ne sono ite a casa disposte a fare ogni cosa, e non ci fia difficultà, perché la madre si andrà a stare seco e vuolla mettere a letto lei.

Nicia - Dite voi el vero?

Timoteo - Bembè, voi sete guarito del sordo!

Ligurio - San Chimenti gli ha fatto grazia.

Timoteo - E' si vuol porvi una imagine per rizzarvi un poco di baccanella, acciò che io abbi fatto questo guadagno con voi.

Nicia - Non entriamo in cetere. Farà la donna difficultà di fare quel che io voglio?

Timoteo - Non, vi dico.

Nicia Io sono el più contento uomo del mondo.

Timoteo - Credolo. Voi vi beccherete un fanciul maschio, e chi non ha non abbia!

Ligurio - Andate, frate, alle vostre orazioni, e, se bisognerà altro, vi verreno a trovare. Voi, messere, andate a lei per tenerla ferma in questa opinione, e io andrò a trovare maestro Callimaco che vi mandi la pozione; e all'una ora fate che io vi rivegga, per ordinare quello che si de' fare alle quattro.

Nicia - Tu di' bene; addio!

Timoteo - Andate sani.


CANZONE

dopo il terzo atto


      Sì suave è l'inganno
al fin condotto imaginato e caro,
ch'altrui spoglia d'affanno
e dolce face ogni gustato amaro.
O rimedio alto e raro,
tu mostri il dritto calle all'alme erranti;
tu, col tuo gran valore,
nel far beato altrui fai ricco, Amore;
tu vinci, sol co' tuoi consigli santi,
pietre, veneni e incanti.


ATTO QUARTO

SCENA I

Callimaco solo.

Io vorrei pure intendere quello che costoro hanno fatto. Può egli essere che io non rivegga Ligurio? E non che le ventitré, le sono ventiquattro ore! In quanta angustia d'animo sono io stato e sto! Ed è vero che la fortuna e la natura tiene el conto per bilancio; la non ti fa mai un bene che all'incontro, non surga un male. Quanto più mi è cresciuto la speranza, tanto mi è cresciuto el timore. Misero a me! Sarà egli mai possibile che io viva in tanti affanni e perturbato da questi timori e queste speranze? Io sono una nave vessata da dua diversi venti, che tanto più teme quanto ella è più presso al porto. La semplicità di messer Nicia mi fa sperare, la providenzia e durezza di Lucrezia mi fa temere. Oimè, che io non truovo requie in alcuno loco! Talvolta io cerco di vincere me stesso, riprendomi di questo mio furore, e dico meco: - Che fai tu? se' tu impazzato? quando tu l'ottenga, che fia? Conoscerai el tuo errore, pentira'ti delle fatiche e de' pensieri che hai aùti. Non sai tu quanto poco bene si truova nelle cose che l'uomo desidera, rispetto a quello che l'uomo ha presupposte trovarvi? Da l'altro canto: el peggio che te ne va è morire ed andarne in inferno; e' son morti tanti degli altri! e sono in inferno tanti uomini da bene! Ha'ti tu a vergognare d'andarvi tu? Volgi el viso alla sorte; fuggi el male, e non lo potendo fuggire sopportalo come uomo; non ti prosternere, non ti invilire come una donna. - E così mi fo di buon cuore, ma io ci sto poco su, perché da ogni parte mi assalta tanto desio d'essere una volta con costei che io mi sento, dalle piante de' piè al capo, tutto alterare: le gambe triemono le viscere si commuovono, il core mi si sbarba del petto, le braccia s'abandonono, la lingua diventa muta, gli occhi abbarbagliono, el cervello mi gira. Pure, se io trovassi Ligurio io arei con chi sfogarmi. Ma ecco che ne viene verso me ratto. El rapporto di costui mi farà o vivere allegro qualche poco o morire affatto.


SCENA II

Ligurio, Callimaco.

Ligurio - Io non desiderai mai più tanto di trovare Callimaco, e non penai mai più tanto a trovarlo. Se io li portassi triste nuove, io l'arei riscontro al primo. Io sono stato a casa, in Piazza, in Mercato, al Pancone delli Spini, alla Loggia de' Tornaquinci, e non l'ho trovato. Questi innamorati hanno l'ariento vivo sotto piedi, e' non si possono fermare.

Callimaco - Che sto io, che io non lo chiamo? E' mi pare pure allegro: Oh, Ligurio! Ligurio!

Ligurio - O Callimaco, dove sei tu stato?

Callimaco - Che novelle?

Ligurio - Buone.

Callimaco - Buone in verità?

Ligurio - Ottime.

Callimaco - È Lucrezia contenta?

Ligurio - Sì.

Callimaco - Il frate fece el bisogno?

Ligurio - Fece.

Callimaco - Oh benedetto frate! Io pregherrò sempre Dio per lui.

Ligurio - Oh buono! Come se Dio facessi le grazie del male come del bene! El frate vorrà altro che preghi!

Callimaco - Che vorrà?

Ligurio - Danari!

Callimaco - Darengliene. Quanti ne gli hai promessi?

Ligurio - Trecento ducati.

Callimaco - Hai fatto bene.

Ligurio - El dottore n'ha sborsati venticinque.

Callimaco - Come?

Ligurio - Bastiti che gli ha sborsati.

Callimaco - La madre di Lucrezia che ha fatto?

Ligurio - Quasi el tutto. Come la 'ntese che la sua figliuola avev'a avere questa buona notte sanza peccato, la non restò mai di pregare, comandare, confortare la Lucrezia, tanto che la la condusse al frate, e quivi operò in modo che l'acconsentì.

Callimaco - Oh Dio! Per quali mia meriti debbo io avere tanti beni? Io ho a morire per l'allegrezza!

Ligurio - Che gente è questa? Ora per l'allegrezza, or pel dolore, costui vuol morire in ogni modo. Hai tu ad ordine la pozione?

Callimaco - Sì, ho.

Ligurio - Che li manderai?

Callimaco - Un bicchiere di hypocràs, che è a proposito a racconciare lo stomaco, rallegra el cervello. Ahimè, ohimè, ohimè, io sono spacciato!

Ligurio - Che è? Che sarà?

Callimaco - E' non ci è remedio.

Ligurio - Che diavol fia?

Callimaco - E' non si è fatto nulla, io mi sono mutato in uno forno.

Ligurio - Perché? Ché non lo di'? Lèvati le man' dal viso.

Callimaco - O non sai tu che io ho detto a messer Nicia che tu, lui, Siro e io pigliereno uno per metterlo allato alla moglie?

Ligurio - Che importa?

Callimaco - Come, che importa? Se io son con voi, non potrò essere quello che sia preso; se io non sono, e' si avedrà dell'inganno.

Ligurio - Tu di' el vero, ma non ci è egli remedio?

Callimaco - Non, credo io

Ligurio - Sì, sarà bene.

Callimaco - Quale?

Ligurio - Io voglio un poco pensallo.

Callimaco - Tu mi hai chiaro: io sto fresco se tu l'hai a pensare ora!

Ligurio - Io l'ho trovato.

Callimaco - Che cosa?

Ligurio - Farò che 'l frate, che ci ha aiutato infino a qui, farà questo resto.

Callimaco - In che modo?

Ligurio - Noi abbiamo tutti a travestirci. Io farò travestire el frate: contrafarà la voce, el viso, l'abito; e dirò al dottore che tu sia quello; e' sel crederà.

Callimaco - Piacemi, ma io che farò?

Ligurio - Fo conto che tu ti metta un pitocchino indosso, e con un liuto in mano te ne venga, costì dal canto della sua casa, cantando un canzoncino.

Callimaco - A viso scoperto?

Ligurio - Sì, ché, se tu portassi una maschera, e' gli enterrebbe 'n sospetto.

Callimaco - E' mi conoscerà.

Ligurio - Non farà: perché io voglio che tu ti storca el viso, che tu apra, aguzzi o digrigni la bocca, chiugga un occhio. Pruova un poco.

Callimaco - Fo io così?

Ligurio - No.

Callimaco - Così?

Ligurio - Non basta.

Callimaco - A questo modo?

Ligurio - Sì, sì, tieni a mente cotesto: io ho un naso in casa; io vo' che tu te l'appicchi.

Callimaco - Orbé, che sarà poi?

Ligurio - Come tu sarai comparso in sul canto, noi saren quivi, torrénti el liuto, piglierenti, aggirerenti, condurrenti in casa, metterenti al letto. E'l resto doverrai tu fare da te!

Callimaco - Fatto sta condursi!

Ligurio - Qui ti condurrai tu; ma a fare che tu vi possa ritornare sta a te e non a noi.

Callimaco - Come?

Ligurio - Che tu te la guadagni in questa notte e che, inanzi che tu ti parta te le dia a conoscere, scuoprale lo inganno, mostrile l'amore le porti, dicale el bene le vuoi; e come sanza sua infamia la può esser tua amica, e con sua grande infamia tua nimica. È impossibile che la non convenga teco e che la voglia che questa notte sia sola.

Callimaco - Credi tu cotesto?

Ligurio - Io ne son certo. Ma non perdiàn più tempo: e' son già dua ore. Chiama Siro, manda la pozione a messer Nicia, e me aspetta in casa. Io andrò per el frate, farollo travestire, e condurrenlo qui, e troverreno el dottore e fareno quel manca.

Callimaco - Tu di' ben! Va' via.

SCENA III

Callimaco, Siro.

Callimaco - O Siro!

Siro - Messere!

Callimaco - Fatti costì.

Siro - Eccomi.

Callimaco - Piglia quello bicchiere d'argento che è drento allo armario di camera e, coperto con un poco di drappo, portamelo, e guarda a non lo versare per la via.

Siro - Sarà fatto.

Callimaco - Costui è stato dieci anni meco, e sempre mi ha servito fedelmente. Io credo trovare anche in questo caso fede in lui; e benché io non gli abbi communicato questo inganno, e' se lo indovina, che gli è cattivo bene, e veggo che si va accomodando.

Siro - Eccolo.

Callimaco - Sta bene. Tira, va' a casa messer Nicia e digli che questa è la medicina che ha a pigliare la donna doppo cena subito; e quanto prima cena, tanto sarà meglio; e come noi sareno in sul canto ad ordine, al tempo e' facci d'esservi. Va' ratto.

Siro - I' vo.

Callimaco - Odi qua Se vuole che tu l'aspetti, aspettalo, e vientene qui con lui; se non vuole, torna qui da me, dato che tu glien'hai e fatto che tu gli arai l'ambasciata.

Siro - Messere sì.

SCENA IV

Callimaco solo.

Io aspetto che Ligurio torni col frate, e chi dice che gli è dura cosa l'aspettare dice el vero. Io scemo ad ogni ora dieci libbre, pensando dove io sono ora e dove io potrei essere di qui a dua ore, temendo che non nasca qualche cosa che interrompa el mio disegno. Che se fussi, e' fia l'utima notte della mia vita, perché o io mi gitterò in Arno o io m'impiccherò o io mi gitterò da quelle finestre o io mi darò d'un coltello in sullo uscio suo. Qualche cosa farò io perché io non viva più. Ma io veggo Ligurio? Egli è desso, egli ha seco uno che pare scrignuto, zoppo; e' fia certo el frate travestito. Oh frati! Conoscine uno e conoscigli tutti. Chi è quell'altro che si è accostato a loro? E' mi pare Siro, che arà di già fatto l'ambasciata al dottore; egli è esso. Io gli voglio aspettare qui per convenire con loro.


SCENA V

Siro, Ligurio, Frate travestito, Callimaco.

Siro - Chi è teco, Ligurio?

Ligurio - Uno uom da bene.

Siro - È egli zoppo, o fa le vista?

Ligurio - Bada a altro.

Siro - Oh! gli ha el viso del gran ribaldo!

Ligurio - Deh, sta' cheto, che ci hai fracido! Ov'è Callimaco?

Callimaco - Io son qui. Voi siete e ben venuti!

Ligurio - O Callimaco, avvertisci questo pazzerello di Siro; egli ha detto già mille pazzie.

Callimaco - Siro, odi qua: tu hai questa sera a fare tutto quello che ti dirà Ligurio, e fa' conto, quando e' ti comanda, che sia io; e ciò che tu vedi, senti o odi, hai a tenere secretissimo, per quanto tu stimi la roba, l'onore, la vita mia ed il ben tuo.

Siro - Così si farà.

Callimaco - Desti tu el bicchiere al dottore?

Siro - Messere sì.

Callimaco - Che disse?

Siro - Che sarà ora ad ordine di tutto.

Timoteo - È questo Callimaco?

Callimaco - Sono, a' comandi vostri. Le proferte tra noi sien fatte; voi avete a disporre di me e di tutte le fortune mia come di voi.

Timoteo - Io l'ho inteso e credolo e sommi messo a fare quello per te che io non arei fatto per uomo del mondo.

Callimaco - Voi non perderete la fatica.

Timoteo - E' basta che tu mi voglia bene.

Ligurio - Lasciamo stare le cirimonie. Noi andreno a travestirci, Siro e io. Tu, Callimaco, vien' con noi per potere ire a fare e fatti tua. El frate ci aspetterà qui, noi tornereno subito e andreno a trovare messer Nicia.

Callimaco - Tu di' bene: andiamo.

Timoteo - Vi aspetto.

SCENA VI

Frate solo travestito.

E' dicono el vero quelli che dicono che le cattive compagnie conducono li uomini alle forche, e molte volte uno càpita male, così per essere troppo facile e troppo buono, come per essere troppo tristo. Dio sa che io non pensavo ad iniuriare persona, stavomi nella mia cella, dicevo el mio ufizio, intrattenevo e mia devoti; capitommi inanzi questo diavolo di Ligurio, che mi fece intignere el dito in uno errore, donde io vi ho messo el braccio e tutta la persona, e non so ancora dove io m'abbia a capitare. Pure mi conforto che quando una cosa importa a molti, molti ne hanno a avere cura. Ma ecco Ligurio e quel servo che tornono.


SCENA VII

Frate Timoteo, Ligurio, Siro.

Timoteo - Voi siate e ben tornati.

Ligurio - Stian noi bene?

Timoteo - Benissimo.

Ligurio - E' ci manca el dottore. Andian verso casa sua; e' son più di tre ore, andian via!

Siro - Chi apre l'uscio suo? S'egli el famiglio?

Ligurio - No: gli è lui. Ah, ah, ah, eh!

Siro - Tu ridi?

Ligurio Chi non riderebbe? Egli ha un guarnacchino indosso che non gli cuopre el culo. Che diavolo ha egli in capo? E' mi pare un di questi gufi de' canonici, ed uno spadaccino sotto: ah, ah! e' borbotta non so che. Tirianci da parte e udireno qualche sciagura della moglie.


SCENA VIII

Messer Nicia travestito.

Quanti lezii ha fatto questa mia pazza! Ell'ha mandato le fante a casa la madre, e 'l famiglio in villa. Di questo io la laudo. Ma io non la lodo già che, inanzi che la ne sia voluta ire al letto, ell'abbi fatto tante schifiltà: - Io non voglio!... Come farò io?... Che mi fate voi fare? . . . Oh me! mamma mia!... - E se non che la madre le disse il padre del porro, la non entrava in quel letto. Che le venga la contina! Io vorrei ben vedere le donne schizzinose, ma non tanto; ché ci ha tolta la testa, cervello di gatta! Poi, chi dicessi: - Impiccata sia la più savia donna di Firenze! - la direbbe: - Che t'ho io fatto? - Io so che la Pasquina enterrà in Arezzo, ed inanzi che io mi parta da giuco io potrò dire come monna Ghinga: - Di veduta, con queste mane. - Io sto pur bene! Chi mi conoscerebbe? Io paio maggiore, più giovane, più scarzo; e non sarebbe donna che mi togliessi danari di letto. Ma dove troverrò io costoro?


SCENA IX

Ligurio, messer Nicia, Frate travestito, Siro.

Ligurio - Buona sera, messere!

Nicia - Oh, eh, eh!

Ligurio - Non abbiate paura, no' siàn noi.

Nicia - Oh! voi sete tutti qui! Se io non vi conoscevo presto, io vi davo con questo stocco el più diritto che io sapevo! Tu se' Ligurio? e tu Siro? e quello altro el maestro? ah?

Ligurio - Messere sì.

Nicia - Togli. Oh! s'è contraffatto bene, e non lo conoscerebbe Va'-qua-tu!

Ligurio - Io gli ho fatto mettere dua noce in bocca, perché non sia conosciuto alla voce.

Nicia - Tu se' ignorante.

Ligurio - Perché?

Nicia - Che non me 'l dicevi tu prima? Ed are'mene messo anche io dua, e sai se li importa non essere conosciuto alla favella!

Ligurio - Togliete, mettetevi in bocca questo.

Nicia - Che è ella?

Ligurio - Una palla di cera.

Nicia - Dàlla qua... ca, pu, ca, co, co, cu, cu, spu... Che ti venga la seccaggine, pezzo di manigoldo!

Ligurio - Perdonatemi, che io ve ne ho data una in scambio, che io non me ne sono avveduto.

Nicia Ca, ca, pu, pu... Di che, che, che, che era?

Ligurio - D'aloe.

Nicia - Sia in malora! spu, spu... Maestro, voi non dite nulla?

Timoteo - Ligurio mi ha fatto adirare.

Nicia - Oh! Voi contrafate ben la voce.

Ligurio - Non perdiam più tempo qui. Io voglio essere el capitano, e ordinare l'esercito per la giornata. Al destro corno sia preposto Callimaco, al sinistro io, intra le dua corna starà qui el dottore, Siro fia retroguardo per dar sussidio a quella banda che inclinassi. El nome sia san Cucù.

Nicia - Chi è san Cucù?

Ligurio È el più onorato santo, che sia in Francia. Andiàn via, mettiàn l'aguato a questo canto. State a udire: io sento un liuto.

Nicia - Egli è esso. Che vogliàn fare?

Ligurio - Vuolsi mandare inanzi uno esploratore a scoprire chi egli è, e, secondo ci riferirà, secondo fareno.

Nicia - Chi v'andrà?

Ligurio - Va' via Siro. Tu sai quello hai a fare. Considera, essamina, torna presto, referisci.

Siro - Io vo.

Nicia - Io non vorrei che noi pigliassimo un granchio, che fussi qualche vecchio debole o infermiccio; e che questo giuoco si avessi a rifare domandassera.

Ligurio - Non dubitate, Siro è valente uomo. Eccolo, e' torna. Che truovi, Siro?

Siro - Egli è el più bello garzonaccio che voi vedessi mai! Non ha venticinque anni, e viensene solo, in pitocchino sonando il liuto.

Nicia - Egli è el caso, se tu di' el vero; ma guarda, che questa broda sarebbe tutta gittata addosso a te!

Siro - Egli è quel ch'io vi ho detto.

Ligurio - Aspettiàno ch'egli spunti questo canto, e subito gli sareno addosso.

Nicia Tiratevi in qua, maestro; voi mi parete un uom di legno. Eccolo.

Callimaco - Venir ti possa el diavolo allo letto, dapoi che io non vi posso venire io!

Ligurio - Sta' forte. Da' qua questo liuto!

Callimaco - Ohimè! Che ho io fatto?

Nicia - Tu el vedrai! Cuoprili el capo, imbavaglialo!

Ligurio - Aggiralo!

Nicia - Dàgli un'altra volta! dàgliene un'altra! mettetelo in casa!

Timoteo - Messere Nicia, io m'andrò a riposare, ché mi duole la testa che io muoio. E se non bisogna io non tornerò domattina.

Nicia - Sì, maestro, non tornate; noi potrem fare da noi.


SCENA X

Frate Timoteo solo.

E' sono intanati in casa, ed io me ne andrò al convento. E voi, spettatori, non ci appuntate: perché in questa notte non ci dormirà persona, sì che gli Atti non sono interrotti dal tempo. Io dirò l'ufizio. Ligurio e Siro ceneranno, ché non hanno mangiato oggi, el dottore andrà di camera in sala, perché la cucina vadia netta. Callimaco e madonna Lucrezia non dormiranno, perché io so, se io fussi lui, e se voi fussi lei, che noi non dormiremmo.


CANZONE

dopo il quarto atto


      Oh dolce notte, oh sante
ore notturne e quete,
ch'i disïosi amanti accompagnate;
in voi s'adunan tante
letizie, onde voi siete
sole cagion di far l'alme beate.
Voi, giusti premii date,
all'amorose schiere,
delle lunghe fatiche;
voi fate, o felici ore,
ogni gelato petto arder d'amore!


ATTO QUINTO

SCENA I

Frate Timoteo solo.

Io non ho potuto questa notte chiudere occhio, tanto è il desiderio, che io ho d'intendere come Callimaco e gli altri l'abbino fatta. Ed ho atteso a consumare el tempo in varie cose: io dissi mattutino, lessi una vita de' Santi Padri, andai in chiesa ed accesi una lampana che era spenta, mutai uno velo ad una Madonna che fa miracoli. Quante volte ho io detto a questi frati che la tenghino pulita! E si maravigliono poi se la divozione manca. Io mi ricordo esservi cinquecento imagine, e non ve ne sono oggi venti; questo nasce da noi, che non le abbiàno saputa mantenere la reputazione. Noi vi solavamo ogni sera doppo la compieta andare a procissione e farvi cantare ogni sabato le laude. Botavanci noi sempre quivi perché vi si vedessi delle imagine fresche, confortavamo nelle confessioni gli uomini e le donne a botarvisi. Ora non si fa nulla di queste cose, e po' ci maravigliamo che le cose vanno fredde! Oh, quanto poco cervello è in questi mia frati! Ma io sento uno gran romore da casa messer Nicia. Eccogli, per mia fé; e' cavono fuora el prigione. Io sarò giunto a tempo. Ben si sono indugiati alla sgocciolatura, e' si fa appunto l'alba. Io voglio stare a udire quel che dicono sanza scoprirmi.


SCENA II

Messer Nicia, Callimaco, Ligurio, Siro.

Nicia - Piglialo di costà, ed io di qua: e tu, Siro, lo tieni per il pitocco, di drieto.

Callimaco - Non mi fate male!

Ligurio - Non avere paura, va' pur via.

Nicia - Non andiam più là.

Ligurio - Voi dite bene, lasciallo ire qui. Diangli dua volte, che non sappi donde e' si sia venuto. Giralo, Siro!

Siro - Ecco.

Nicia - Giralo un'altra volta.

Siro - Ecco fatto.

Callimaco - El mio liuto!

Ligurio - Via, ribaldo, tira via! S' i' ti sento favellare, io ti taglierò el collo!

Nicia - E' s'è fuggito. Andianci a sbisacciare: e vuolsi che noi usciamo fuori tutti a buona ora, acciò che non si paia che noi abbiamo veghiato questa notte.

Ligurio - Voi dite el vero.

Nicia - Andate voi e Siro a trovar maestro Callimaco, e gli dite che la cosa è proceduta bene.

Ligurio - Che li possiamo noi dire? Noi non sappiamo nulla. Voi sapete che, arrivati in casa, noi ce n'andamo nella volta a bere. Voi e la suocera rimanesti alle mani seco, e non vi rivedemo mai se non ora, quando voi ci chiamasti per mandarlo fuora.

Nicia - Voi dite el vero. Oh! io vi ho da dire le belle cose! Mogliama era nel letto al buio. Sostrata m'aspettava al fuoco. I' giunsi su con questo garzonaccio, e perché e' non andassi nulla in capperuccia, io lo menai in una dispensa che io ho in sulla sala, dove era un certo lume annacquato, e gittava un poco d'albore, in modo ch'e' non mi poteva vedere in viso.

Ligurio - Saviamente.

Nicia - Io lo feci spogliare: e' nicchiava: io me li volsi come un cane, di modo che gli parve mill'anni d'avere fuora e panni, e rimase ignudo. Egli è brutto di viso. Egli aveva uno nasaccio, una bocca torta; ma tu non vedesti mai le più belle carni! bianco, morbido, pastoso, e dell'altre cose non ne domandate.

Ligurio - E' non è bene ragionarne, che bisognava vederlo tutto.

Nicia - Tu vuoi el giambo. Poi che avevo messo mano in pasta, io ne volsi toccare el fondo: poi volsi vedere s'egli era sano: s'egli avessi auto le bolle, dove mi trovavo io? Tu ci metti parole!

Ligurio - Avevi ragion voi.

Nicia - Come io ebbi veduto che gli era sano, io me lo tirai drieto, ed al buio lo menai in camera: messilo al letto; e innanzi mi partissi volli toccare con mano come la cosa andava, ché io non sono uso ad essermi dato ad intendere lucciole per lanterne.

Ligurio - Con quanta prudenzia avete voi governato questa cosa!

Nicia Tocco e sentito che io ebbi ogni cosa, mi uscii di camera e serrai l'uscio, e me n'andai alla suocera che era al fuoco, e tutta notte abbiamo atteso a ragionare.

Ligurio - Che ragionamenti sono stati e vostri?

Nicia - Della sciocchezza di Lucrezia, e quanto egli era meglio che sanza tanti andirivieni ella avessi ceduto al primo. Dipoi ragionamo del bambino, che me lo pare tuttavia avere in braccio, el naccherino! tanto che io sentii sonare le tredici ore; e dubitando che il dì non sopraggiugnessi, me n'andai in camera. Che direte voi, che io non poteva fare levare quel rubaldone?

Ligurio - Credolo!

Nicia - E' gli era piaciuto l'unto! Pure e' si levò, io vi chiamai, e l'abbiamo condotto fuora.

Ligurio - La cosa è ita bene.

Nicia - Che dira' tu, che me ne 'ncresce?

Ligurio - Di che?

Nicia - Di quel povero giovane, ch'egli abbia a morire sì presto, e che questa notte gli abbi a costare sì cara.

Ligurio - Oh, voi avete e pochi pensieri! Lasciatene la cura a lui.

Nicia - Tu di' el vero. Ma mi pare bene mille anni di trovare maestro Callimaco e rallegrarmi seco.

Ligurio - E' sarà fra un'ora fuora. Ma gli è chiaro el giorno: noi ci andreno a spogliare; voi che farete?

Nicia - Andronne anche io in casa a mettermi e panni buoni. Farò levare e lavare la donna, e farolla venire alla chiesa ad entrare in santo. Io vorrei che voi e Callimaco fussi là, e che noi parlassimo al frate per ringraziarlo e ristorallo del bene che ci ha fatto.

Ligurio Voi dite bene: così si farà.


SCENA III

Frate Timoteo solo.

Io ho udito questo ragionamento e m'è piaciuto tutto, considerando quanta sciocchezza sia in questo dottore; ma la conclusione ultima mi ha sopra modo dilettato. E poiché debbono venire a trovarmi a casa, io non voglio star più qui ma aspettargli alla chiesa, dove la mia mercanzia varrà più. Ma chi esce di quella casa? E' mi pare Ligurio, e con lui debbe esser Callimaco. Io non voglio che mi vegghino, per le ragioni dette; pure, quando e' non venissino a trovarmi, sempre sarò a tempo a andare a trovare loro.


SCENA IV

Callimaco, Ligurio.

Callimaco - Come io t'ho detto, Ligurio mio, io stetti di mala voglia insino alle nove ore: e benché io avessi grande piacere e' non mi parve buono. Ma poi che io me le fu' dato a conoscere e che io l'ebbi dato ad intendere lo amore che io le portavo, e quanto facilmente per la semplicità del marito noi potavàno vivere felici sanza infamia alcuna, promettendole che qualunque volta Dio facessi altro di lui di prenderla per donna; ed avendo ella, oltre alle vere ragione, gustato che differenzia è dalla iacitura mia a quella di Nicia, e da e baci d'uno amante giovane a quelli d'uno marito vecchio, doppo qualche sospiro disse: - Poi che l'astuzia tua, la sciocchezza del mio marito, la semplicità di mia madre e la tristizia del mio confessoro mi hanno condotta a fare quello che mai per me medesima arei fatto, io voglio giudicare che e' venga da una celeste disposizione che abbi voluto cosi, e non sono sufficiente a recusare quello che 'l cielo vuole che io accetti. Però io ti prendo per signore, padrone, guida: tu mio padre, tu mio defensore, e tu voglio che sia ogni mio bene; e quello che 'l mio marito ha voluto per una sera, voglio ch'egli abbia sempre. Fara'ti adunque suo compare, e verrai questa mattina alla chiesa, e di quivi ne verrai a desinare con esso noi; e l'andare e lo stare starà a te, e potreno ad ogni ora e sanza sospetto convenire insieme. - Io fui, udendo queste parole, per morirmi per la dolcezza. Non potetti rispondere alla minima parte di quello che io arei desiderato. Tanto che io mi truovo el più felice e contento uomo che fussi mai nel mondo; e, se questa felicità non mi mancassi o per morte o per tempo, io sarei più beato ch'e beati, più santo che e santi.

Ligurio - Io ho gran piacere d'ogni tuo bene, e ètti intervenuto quello che io ti dissi appunto. Ma che facciamo noi ora?

Callimaco - Andiàno verso la chiesa, perché io le promissi d'essere là, dove la verrà lei, la madre e il dottore.

Ligurio - Io sento toccare l'uscio suo: le sono esse ed escono fuora ed hanno el dottore drieto.

Callimaco - Avvianci in chiesa, e là aspettereno.


SCENA V

Messer Nicia, Lucrezia, Sostrata.

Nicia - Lucrezia, io credo che sia bene fare le cose con timore di Dio e non alla pazzeresca.

Lucrezia - Che s'ha egli a fare, ora?

Nicia - Guarda come ella risponde! La pare un gallo!

Sostrata - Non ve ne maravigliate, ella è un poco alterata.

Lucrezia - Che volete voi dire?

Nicia - Dico che gli è bene che io vadia inanzi a parlare al frate, e dirli che ti si facci incontro in sullo uscio della chiesa per menarti in santo, perché gli è proprio, stamane, come se tu rinascessi.

Lucrezia - Che non andate?

Nicia Tu se' stamani molto ardita! Ella pareva iersera mezza morta.

Lucrezia Egli è la grazia vostra!

Sostrata Andate a trovare el frate. Ma e' non bisogna, egli è fuora di chiesa.

Nicia Voi dite el vero.

SCENA VI

Frate Timoteo, messer Nicia, Lucrezia, Callimaco, Ligurio, Sostrata.

Timoteo - Io vengo fuora perché Callimaco e Ligurio m'hanno detto che el dottore e le donne vengono alla chiesa.

Nicia - Bona dies, padre!

Timoteo - Voi siate le benvenute, e buon pro vi faccia, madonna, che Dio vi dia a fare un bello figliuolo maschio!

Lucrezia - Dio el voglia!

Timoteo E' lo vorrà in ogni modo.

Nicia - Veggh'io in chiesa Ligurio e maestro Callimaco?

Timoteo - Messer sì.

Nicia - Accennateli.

Timoteo - Venite!

Callimaco - Dio vi salvi!

Nicia - Maestro, toccate la mano qui alla donna mia.

Callimaco - Volentieri.

Nicia - Lucrezia, costui è quello che sarà cagione che noi areno un bastone che sostenga la nostra vecchiezza.

Lucrezia - Io l'ho molto caro, e vuolsi che sia nostro compare.

Nicia - Or benedetta sia tu! E voglio che lui e Ligurio venghino stamani a desinare con esso noi.

Lucrezia - In ogni modo.

Nicia - E vo' dare loro la chiave della camera terrena d'in sulla loggia, perché possino tornarsi quivi a lor commodità, ché non hanno donne in casa e stanno come bestie.

Callimaco - Io l'accetto, per usarla quando mi acaggia.

Timoteo - Io ho avere e danari per la limosina?

Nicia - Ben sapete come, domine, oggi vi si manderanno.

Ligurio - Di Siro non è uomo che si ricordi?

Nicia - Chiegga, ciò che io ho è suo. Tu, Lucrezia, quanti grossi hai a dare al frate per entrare in santo?

Lucrezia - Dategliene dieci.

Nicia - Affogaggine!

Timoteo - Voi, madonna Sostrata, avete, secondo mi pare, messo un tallo in sul vecchio.

Sostrata - Chi non sarebbe allegra?

Timoteo - Andianne tutti in chiesa, e quivi direno l'orazione ordinaria; dipoi doppo l'uficio ne andrete a desinare a vostra posta. Voi, aspettatori, non aspettate che noi usciàno più fuora: l'uficio è lungo, e io mi rimarrò in chiesa, e loro per l'uscio del fianco se ne andranno a casa. Valète!


EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "La mandragola - Belfagor - Lettere", a cura di Mario Bonfantini, OSCAR CLASSICI MONDADORI 202, gennaio 1991







Niccolò Machiavelli - Opera Omnia  -  a cura de ilVignettificio

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