Niccolò Machiavelli - Opera Omnia >>  Decennale secondo




 

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NICOLAI MALCLAVELLI FLORENTINI
 
RERUM COMPENDIUM SECUNDO DECEMNIO
 
    Gli alti accidenti e fatti furiosi
che in dieci anni seguenti sono stati,
poi che tacendo la penna riposi,
    le mutazion di regni, imperi e sati
successe pur per l'italico sito,
dal consiglio divin predestinati,
    canterò io, e di cantare ardito
sarò fra molto pianto, benché quasi
sia pel dolor divenuto smarrito.
    Musa, se mai di te mi persuasi,
prestami grazia, che 'l mio verso arrivi
a la grandezza de' seguiti casi;
    e dal tuo fonte tal grazia derivi
di cotanta virtù che 'l nostro canto
contenti almanco quei che son or vivi.
    Era sospeso il mondo tutto quanto;
ognun teneva le redine in mano
del suo destrier, affaticato tanto;
    quando Bartolomeo, detto d'Alviano,
con la sua compagnia partì del Regno,
non ben contento del Gran Capitano;
    e per dar loco al bellicoso ingegno,
o per qualunque altra cagion si fosse,
d'entrar in Pisa avea fatto disegno.
    E benché seco avesse poche posse,
pur non di manco del futuro gioco
fu la prima pedona che si mosse.
    Ma voi, volendo spegner questo foco,
vi preparaste bene e prestamente,
tal che 'l disegno suo non ebbe loco;
    che, giunto dalla torre a San Vincente,
per la virtù del vostro Giacomino
fu prosternata e rotta la sua gente.
    El qual, per sua virtù, pe 'l suo destino,
in tanta gloria e tanta fama venne
quant'altro mai privato cittadino:
    questo per la sua patria assai sostenne
e di vostra milizia il suo decoro
con gran iustizia gran tempo mantenne;
    avaro dello onor, largo de l'oro
e di tanta virtù visse capace,
che merita assai più ch'io non lo onoro;
    et or negletto e vilipeso iace
in le sue case, pover, vecchio e cieco.
Tanto a fortuna chi ben fa dispiace!
    Dipoi, se a mente ben tutto mi reco,
gisti contr'ai Pisan con quella speme
che quella rotta avea recata seco.
    Ma perché Pisa poco o nulla teme
non molto tempo il campo vi tenesti,
ch'ei fu principio d'assai tristo seme.
    E, se i danar ed onor vi perdesti,
seguitando il parer universale
al voler popular satisfacesti.
    Ascanio intanto mort'era, col quale
s'eran levati gran principi a gara
per renderl' al suo stato naturale;
    mort'era Ercule, duca di Ferrara;
mort'era Federico, e di Castiglia
Elisabetta regina preclara.
    Onde che 'l Gallo per partito piglia
far pace con Ferrando e li concesse
per sua consorte di Fois la figlia,
    e la sua parte di Napoli cesse
per dote di costei, e 'l re di Spagna
li fece molte larghe l'impromesse.
    In questo, l'arciduca di Brettagna
s'era partito, che con seco avea
condotta molta gente de la Magna,
    perché pigliar il governo volea
del regno di Castiglia, quale a lui
e non al suocer suo s'appartenea.
    E come in alto mar gionse costui
fu dai venti l'armata combattuta
tanto che si ridusse in forza altrui;
    ché la sua nave, dai venti sbattuta,
applicò in Inghilterra, la quale fue
pel duca di Sofolchi mal veduta.
    Indi partito, con le genti sue
in Castiglia arrivò la sua persona,
dove Ferrando non istette piue;
    ma ridotto nel regno d'Aragona,
per ir di Puglia il suo stato a vedere,
partì con le galee da Barzalona.
    In questo, papa Iulio più tenere
non possendo il feroce animo in freno,
al vento dette le sacre bandiere;
    e d'ira natural e furor pieno
contra li occupator d'ogni sua terra,
sparse prima il suo pessimo veleno.
    E per gittarne ogni tiranno in terra,
abbandonando la sua santa soglia,
a Perugia e Bologna ei mosse guerra.
    Ma, cedendo e' Baglion alla sua voglia,
restorno in casa: sol del Bolognese
cacciò l'antica casa Bentivoglia.
    In questo, poi, maggior fuoco s'accese,
per certo greve disparer che nacque
fra gli ottimati e 'l popul genovese;
    per frenar questo, al re di Francia piacque
passar i monti e favorir la parte
che, per suo amor, prostrata e vinta giacque;
    e con ingegno e con forza e con arte
lo stato genovese ebbe ridutto
sotto le sue bandiere in ogni parte.
    Poi per levar ogni sospetto in tutto
a papa Iulio, che non l'assalisse,
si fu in Savona subito condutto,
    ov'aspettò che Ferrando venisse
ch'a governar Castiglia ritornava
là dove poco inante dipartisse,
    perché quel regno già tumultuava
sendo morto Filippo; e nel tornare
parlò con Francia dove l'aspettava.
    L'Imperio, intanto, volendo passare,
secondo ch'è la lor antica usanza,
a Roma per volersi incoronare,
    una dieta avea fatto, in Costanza,
di tutt'e' suoi baron, dove del gallo
mostrò l'iniurie e de' baron di Franza;
    et ordinò che ognun fusse a cavallo
con la sua gente d'arme e fanteria,
per ogni modo, il giorno di san Gallo.
    Ma Franza e Marco, che questo sentia,
uniron le lor genti e sotto Trento
uniti insieme li chiuser la via.
    Né Marco a le difese stiè contento:
ferill'in casa, et all'Imperio tolse
Gorizia con Trieste in un momento.
    Onde Massimian far triegua vuolse
veggendo contra i suoi tanto contrasto,
e le due terre d'accordo si tolse:
    le qual di poi si furon quel pasto,
quel rio boccon, quel venenoso cibo,
che di San Marco ha lo stomaco guasto.
    Perché l'Imperio, sì come io vi scribo,
sut'era offeso, e al buon re de' galli
parve de' venizian esser corribo:
    così, perch'il disegno a Marco falli,
el papa e Spagna insieme tutt'a dua
s'uniron con l'imperio e i gigli gialli;
    né steron punto de' patti infra dua,
ma subito convennon in Cambrai
ch'ognun s'andassi per le cose sua.
    In questo voi provvedimenti assai
avevi fatti, perché verso Pisa
tenevi volti gli occhi sempre mai,
    non possendo posar in nulla guisa
se non l'avevi; e Ferrando e Luigi
v'avien d'averla la via 'ntercisa,
    e li vostri vicin, e' lor vestigi
seguén, faccendo lor larga l'offerta,
movendov'ogni dì mille litigi.
    Tal che, volendo far l'impresa certa,
bisognò a ciascuno empier la gola
e quella bocca che teneva aperta.
    Dunque, sendo rimasta Pisa sola,
subitamente quella circundasti,
non vi lasciando entrar se non chi vola;
    e quattro mesi intorno ivi posasti
con gran disagi e con assai fatica,
e con assai dispendio l'affamasti.
    E benché fussi ostinata inimica
pur da necessità costretta e vinta
tornò piangendo a la catena antica.
    Non era in Francia ancor la voglia estinta
di muover guerra, e per l'accordo fatto
una gran gente ha in Lombardia sospinta;
    e papa Iulio ancor ne venne ratto
con le genti in Romagna e Berzighella
assaltò e Faenza, inanti tratto.
    Ma poi ch'a Trevi e cert'altre castella
fra Franza e Marco alcun leggier assalto
fu, or con trista or con buona novella,
    alfin Marco rimase in su lo smalto:
poscia ch'a Vailà misero salse,
cascò del grado suo ch'era tant'alto.
    Che fia degli altri, se questo arse et alse
in pochi giorni? e s'a cotanto impero
iustizia e forza et union non valse?
    Gite, o superbi, omai col viso altero,
voi che li scettri e le corone avete,
e del futuro non sapete un vero!
    tanto v'accieca la presente sete,
che grosso tienvi sopra gli occhi un velo
che le cose discosto non vedete.
    Di quinci nasce che 'l voltar del cielo
da questo a quello i vostri stati volta,
più spesso che non muta el caldo e 'l gelo;
    che se vostra prudenza fusse volta
a cognoscer il mal e rimediarve,
tanta potenza al ciel sarebbe tolta.
    I' non potrei sì presto raccontarve,
quanto sì presto poi de' veneziani,
dopo la rotta, quello stato sparve:
    la Lombardia el gran re de' cristiani
occupò mezza, e que', 'l resto, che tiene
col nome solo el seggio de' romani;
    e la Romagna al gran pastor perviene
sanza contrasto e 'l re de' ragonesi
anche per le sue terre in Puglia viene.
    Ma non sendo il Tedesco in que' paesi
ancor venuto, da San Marco presto
e Padova e Trevigi fur ripresi;
    onde Massimian sentendo questo
con grand'assembramento venne poi
per pigliar quello e non perdere il resto.
    E benché fusse adiutato da voi
e da Francia e da Spagna, nondimanco
fe' questo come li altri fatti suoi;
    che sendo stato con l'animo franco
a Padova alcun giorno, tutt'afflitto
levò le genti, affaticato e stanco;
    e da la lega sendo derelitto,
di ritornarsi nella Magna vago,
perdé Vicenza per maggior despitto
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EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Niccolò Machiavelli - Opere - volume I", a cura di Corrado Vivanti, EINAUDI-GALLIMARD, BIBLIOTECA DELLA PLEIADE, Torino, 1997







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